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A Trump non resta che tagliare le tasse 

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Il triplete di Donald Trump, promesso agli americani durante la campagna elettorale, per adesso non si sta realizzando

A Trump non resta che tagliare le tasse 

Il triplete di Donald Trump, promesso agli americani durante la campagna elettorale, per adesso non si sta realizzando

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A Trump non resta che tagliare le tasse 

Il triplete di Donald Trump, promesso agli americani durante la campagna elettorale, per adesso non si sta realizzando

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Il triplete di Donald Trump, promesso agli americani durante la campagna elettorale, per adesso non si sta realizzando. La politica sui dazi stenta, fra annunci e ripensamenti; la pace fra Russia e Ucraina, che il tycoon aveva promesso di metter su in pochi giorni, pure. Insomma, due sfide su due non vanno come promesso. Resta da vedere la terza, quella su una riduzione storica delle tasse. La maggioranza repubblicana al Congresso in queste settimane sta spingendo molto sulla questione fiscale, anche perché sul decreto che mette insieme tagli delle tasse e provvedimenti sull’immigrazione Trump si gioca una importante opportunità di rilancio con l’opinione pubblica americana, considerando pure i sondaggi negativi per il presidente Usa.

Ma cosa prevede la riduzione fiscale trumpiana e dove conta di andare a prendere i soldi? Partiamo dal primo aspetto. Nel menu di The Donald ci sono diversi capitoli di tagli, pensati anche per la middle class statunitense che lo ha votato.

1. Nessuna tassa sulle mance. Durante la campagna elettorale il leader repubblicano ha insistito molto sull’abolizione delle tasse sulle mance e ora questa sua promessa fa parte, insieme ad altre riduzioni, del pacchetto. Si tratta di una detrazione fiscale per l’importo totale del reddito ricevuto con le mance. In quest’ottica oltre alla ristorazione sono considerati come lavori destinatari delle detrazioni pure la cura dei capelli, la cura delle unghie, l’estetica, i trattamenti per il corpo e le spa.

2. Nessuna tassa sugli straordinari. Anche qui siamo di fronte a un altro dei cavalli di battaglia della campagna elettorale dell’attuale presidente statunitense. Si tratta stavolta di esentare le retribuzioni per gli straordinari dalle tasse attraverso una nuova detrazione. La legge in discussione non consentirebbe però – come ha evidenziato di recente anche il quotidiano americano “The Washington Post” – «la detrazione delle retribuzioni per gli straordinari dalle mance o per i ‘dipendenti altamente retribuiti’ e richiederebbe ai contribuenti di utilizzare un numero di previdenza sociale quando richiedono la detrazione».

3. Nessuna tassa sugli interessi sui prestiti per le auto. Qui la politica di tagli alle tasse si mischia alla volontà (politica) di incentivare l’acquisto di auto prodotte negli Stati Uniti.

In una sua analisi sull’argomento, sempre “The Washington Post” ha infatti spiegato che in questo caso «il disegno di legge consentirebbe agli acquirenti di auto prodotte negli Stati Uniti di dedurre fino a 10mila dollari di interessi sui prestiti auto per quattro anni, un’idea di cui Trump ha parlato durante la campagna elettorale e ha poi ripreso quando i suoi dazi hanno iniziato a colpire l’industria automobilistica. Per i contribuenti che guadagnano più di 100mila dollari (o 200mila dollari per le coppie sposate che presentano una dichiarazione congiunta), la detrazione degli interessi sui prestiti diminuirebbe di 200 dollari per ogni 1.000 dollari di reddito aggiuntivo».

Vi sono altri capitoli della rivoluzione fiscale trumpiana ma questi tre danno bene l’idea delle promesse in ballo. Mantenere la parola sul taglio delle tasse sarebbe sicuramente per il presidente un’occasione per risalire nei sondaggi. Unico problema: buona parte dei costi di questi tagli dovrebbero essere coperti (salvo cambiamenti) dagli introiti dei dazi e non serve un mago per accorgersi che gli incassi dei dazi non stanno andando come nelle previsioni.

di Massimiliano Lenzi

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