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Biden Xi

Biden e Xi, uscire dagli schemi funziona

Una fotografia come risultato del vertice fra Biden e Xi Jinping non è poco
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Biden e Xi, uscire dagli schemi funziona

Una fotografia come risultato del vertice fra Biden e Xi Jinping non è poco
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Una fotografia come risultato del vertice fra Biden e Xi Jinping non è poco

Una fotografia come risultato del vertice di San Francisco fra il presidente americano Joe Biden e il leadercomunista cinese Xi Jinping non è poco, con i due che si danno la mano e, in altri scatti, si confrontano assieme ai propri staff. Non è poco perché, dopo le tensioni corse in questi ultimi due anni e passa, il dialogo de visu rappresenta il miglior segno di distensione possibile. Ma soprattutto non è poco perché del bilaterale in California non resteranno soltanto gli scatti fotografici ma anche la sostanza. A cominciare dal fatto che Washington e Pechino si riconoscono come le due forze – contrapposte ma non in guerra – in grado di sostenere gli equilibri (possibili) del mondo, fuor dal multipolarismo. Le parole usate da Xi Jinping («Il mondo è abbastanza grande per entrambi» ha detto a Biden) son qualcosa di più d’un quieto vivere. Sono la rappresentazione di ciò a cui la Cina comunista aspira da tempo: il riconoscimento del bipolarismo con gli Usa.

Questo quadro significa parecchie cose, la prima delle quali riguarda la Russia di Vladimir Putin. Dopo San Francisco Mosca non è più una potenza globale – neppure nelle fotografie (nei fatti la sua crisi di forza si trascina da parecchio tempo) – ma una potenza regionale, impantanata in una guerra che ha mosso all’Ucraina e che non riesce a vincere. Ovviamente un crocevia di relazioni e di interessi passano ancora da Mosca, come ad esempio il rapporto con l’Iran, ma sono accessori alla svolta del potere globale che viviamo: schiacciata da una guerra sbagliata, la Russia di Putin appare oggi una possibile arma geopolitica che Pechino può usare, essendo divenuta la Cina il player al centro del gioco assieme agli Stati Uniti.

Un altro elemento di cui bisogna tener conto dopo il vertice riguarda la questione di Taiwan e gli equilibri nel Medio Oriente. Xi Jinping ha detto che non farà la guerra a nessuno, aggiungendo però che considera ovvia e ineluttabile la riunione di Taiwan con la Cina. È evidente quindi che ci saranno ancora tensioni fra Cina e Stati Uniti nell’Indo-Pacifico, su Taiwan e non solo. Così come continuerà la concorrenza in campo economico e sulle tecnologie. Il dialogo fra Biden e Xi ha però messo tali rivalità in una cornice che è forse il miglior risultato del lavoro della diplomazia di questi mesi: non si promuoveranno guerre a vanvera, soltanto per mostrare i muscoli. Guardando al Medio Oriente, per restare al tema delle guerre, conforta in queste ore la posizione dell’Iran che ha fatto sapere ad Hamas che non si farà trascinare in un conflitto dopo l’attacco del 7 ottobre a Israele. Non c’è da esser ottimisti, ovviamente, sul groviglio di quell’area ma forse un pochino meno pessimisti sì.

Nella fotografia della coppia Biden-Xi si ritrova infine lo specchio delle differenti situazioni interne che i due presidenti stanno vivendo nei rispettivi Paesi. Partiamo da Joe Biden, che con ogni probabilità si ritroverà a duellare nuovamente con Donald Trump alle elezioni presidenziali dell’anno prossimo. Ebbene, in un momento di preoccupazione di una buona parte dell’opinione pubblica americana per la guerra in Medio Oriente e per il conflitto in Ucraina, l’incontro di San Francisco costituisce per lui un successo politico importante. Se poi da Washington voliamo a Pechino, vediamo che pure Xi Jinping ha problemi interni (e non di poco conto) per un’economia cinese che non tira più e per i rapporti di potere interni alla nomenclatura comunista. Anche per lui, quindi, il bilaterale col presidente americano è un successo da spendere in patria.

Il ritorno della diplomazia – che non se n’è mai andata ma che quando lavora seriamente lo fa fuor dalla scena e senza pubblicità, almeno finché non ottiene qualche risultato concreto – segnato dal vertice ci dice un’ultima cosa: andare fuori dagli schemi prestabiliti, in politica estera, funziona. A volte.

di Massimiliano Lenzi

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