Bollettino del quarto giorno della guerra fra Israele e Iran. Caos a Teheran – IL VIDEO
La popolazione di Teheran in fuga dalla capitale, lunghe file nelle autostrade per lasciare il Paese. Un’ondata di impiccagioni potrebbe spingere gli iraniani a una ribellione interna

Bollettino del quarto giorno della guerra fra Israele e Iran. Caos a Teheran – IL VIDEO
La popolazione di Teheran in fuga dalla capitale, lunghe file nelle autostrade per lasciare il Paese. Un’ondata di impiccagioni potrebbe spingere gli iraniani a una ribellione interna
Bollettino del quarto giorno della guerra fra Israele e Iran. Caos a Teheran – IL VIDEO
La popolazione di Teheran in fuga dalla capitale, lunghe file nelle autostrade per lasciare il Paese. Un’ondata di impiccagioni potrebbe spingere gli iraniani a una ribellione interna
«Tutti dovrebbero immediatamente evacuare Teheran!» è la verità di Donald Trump, rivelata sul suo social Truth. Un consiglio colto da molti teherani, con lunghe file nelle autostrade. Il ‘presidente della pace’ sta salendo sul carro della terza guerra che il suo mandato non è riuscito a risolvere o prevenire, come invece aveva promesso in campagna elettorale. Ora, mentre l’Ucraina sembra cadere nel dimenticatoio e Gaza diviene un «fronte secondario» (in attesa della sua prossima cisgiordanizzazione), l’Iran trema per l’immenso errore politico compiuto dal suo senescente regime. I razzi iraniani che dovevano atterrire il mondo vengono lanciati con un’intermittenza che ricorda più l’impaccio di un intestino pigro di un condottiero stanco, che non il vigore rivoluzionario di cui si è sempre ammantato il regime degli ayatollah.
Scariche sempre più modeste di missili balistici si sono infatti susseguite nella notte, annunciate con una goffa immagine autocelebrativa creata con l’Ai e diffusa dall’account X (ex-Twitter) ufficiale dell’ayatollah seyyed ʿAli Hoseyni Khamenei. Qualche decina di missili balistici, lanciati a piccoli gruppi nella notte, hanno generato pochissimi danni in Isreale. Lo scarso impiego del formidabile arsenale missilistico iraniano può essere spiegato con l’efficace azione di disturbo israeliana, che si è sovrapposta al panico logistico che ha travolto le Forze armate iraniane: sono stati diffusi video in cui i caccia della Heyl Ha’Avir (l’aviazione militare d’Israele) colpiscono i lanciatori nemici mentre si spostano in autostrada da Ovest a Est, nel vano tentativo di porsi fuori dal raggio degli aerei di Gerusalemme.
Pare che persino l’aviazione iraniana abbia evitato di ingaggiare i caccia israeliani sin dal primo giorno, cercando riparo nelle basi più orientali del grande Paese persiano. La Heyl Ha’Avir ha diffuso però anche i filmati dei vetusti F14 iraniani, vestigia delle acquisizioni pre-Repubblica Islamica, che vengono sistematicamente distrutti al suolo. Come reazione agli attacchi, nella notte sono stati bersagliati anche decine e decine di lanciatori e residui sistemi antiaerei iraniani (tra cui le vetuste e superstiti apparecchiature statunitensi). Prima della guerra il regime di Teheran aveva mostrato con orgoglio le sue basi aeree e missilistiche sotterranee, ma è ormai evidente quanto siano rare nel totale delle infrastrutture militari degli ayatollah.
Ieri si sono susseguite indiscrezioni, alcune riportate dal Wall Street Journal, su un desiderio del regime iraniano di riprendere le trattative sul nucleare. Una volontà indotta dall’incombere dell’ombra di un intervento statunitense, preannunciato dall’invio di una trentina di aerei cisterna nel teatro mediorientale e dal ridislocamento della portaerei nucleare “Uss Nimitz” dall’Oceano Pacifico a quello Indiano (affiancandosi alla sorella di classe “Uss Vinson” già presente nel Golfo Persico). Azioni che vanno oltre i semplici preparativi per un’esercitazione o un ‘semplice’ supporto alle azioni israeliane, a cui si deve aggiungere l’abbandono del G7 da parte del presidente Donald Trump. Tornato a Washington, il mercuriale tycoon ha smentito brutalmente la ricostruzione del presidente francese Emmanuel Macron che lo descriveva intento a voler stringere un accordo di cessate il fuoco.
La dichiarazione su Truth ha poi confermato il reale pericolo per i cittadini di Teheran di vedere aumentare gli attacchi sulla loro capitale, con modalità ancora non esplicite. Dal canto suo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha escluso categoricamente la possibilità di uno stop agli attacchi sul nemico iraniano: «È chiaro che il nemico voglia una tregua mentre è colpito così duramente, ma dobbiamo proseguire col piano per eliminare il suo programma nucleare». Il regime di Khamenei, a quanto pare scosso dalla perdita subitanea di così tanti consiglieri e aiutanti fidati, sembra quindi bloccato in un cul-de-sac politico e militare di difficile soluzione.
La reazione contro i sabotatori interni ha già portato a una prima ondata di impiccagioni, ma – invece che serrare i ranghi – queste misure isteriche e sommarie potrebbero spingere la popolazione iraniana a una ribellione per dare una spallata a un regime il cui fallimento è sempre più conclamato. Per anni i cittadini iraniani hanno sopportato povertà e autoritarismo con l’implicita promessa di creare uno Stato forte che potesse combattere i nemici interni, quando invece questa narrativa si è sfarinata in appena quattro giorni di guerra con un avversario settantacinque volte più piccolo e con una popolazione nove volte inferiore.
Di Camillo Bosco
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