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Crisi cinema russo

Cinema senza più pellicole

Nella capitale russa la crisi del cinema era riuscita a resistere all’avvento delle videocassette e persino alla pandemia, ma non alla guerra in Ucraina
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Cinema senza più pellicole

Nella capitale russa la crisi del cinema era riuscita a resistere all’avvento delle videocassette e persino alla pandemia, ma non alla guerra in Ucraina
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Cinema senza più pellicole

Nella capitale russa la crisi del cinema era riuscita a resistere all’avvento delle videocassette e persino alla pandemia, ma non alla guerra in Ucraina
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Nella capitale russa la crisi del cinema era riuscita a resistere all’avvento delle videocassette e persino alla pandemia, ma non alla guerra in Ucraina
Mosca – Nella capitale russa, non lontano da dove abita chi scrive, c’era lo storico cinema “Junost”, ora tristemente chiuso. Aveva resistito alla crisi del cinema dopo l’avvento delle videocassette e perfino alla pandemia, ma non alla guerra in Ucraina. Come quasi un terzo delle sale di tutto il Paese, non ha sopportato le sanzioni dell’industria di Hollywood nei confronti del mercato cinematografico russo. Piaccia o no, anche a queste latitudini la gente ama guardare le pellicole occidentali, con buona pace della promozione dei “valori tradizionali” della nomenklatura del Cremlino. Secondo “Kommersant” gli operatori di mercato «ritengono che per preservare i cinema esistenti sia necessario il sostegno dello Stato». Già, il sostegno dello Stato. Alcuni pensavano che la mancanza della concorrenza americana avrebbe dato slancio al cinema domestico. Ma invece – come spesso accade – la mancanza di concorrenza spinge verso il basso la qualità dei prodotti. Di soldi per la cultura in tempi di mobilitazione bellica non ce ne sono e il presidente russo ha dimostrato disinteresse per le sorti di quella che Lenin aveva confidato al suo ministro della Cultura Anatoly Lunacharsky di considerare «l’arte più importante». Il più grande successo ai botteghini dell’ultimo periodo (“Vyzov”, la sfida) è stato un film girato nello spazio e interpretato dalla stella nascente del cinema russo Yulia Peresild. Non ha incantato né pubblico né critica ma ha incassato 2 miliardi di rubli (poco più di 20 milioni di dollari). Il film è stato ‘spinto’ in tutti i modi possibili e l’interprete principale è stata insignita del “Premio di Stato della Federazione Russa”, più o meno l’equivalente del Premio Oscar. Una parte delle multisale, soprattutto in provincia, per sopravvivere si è convertita alla proiezione di copie pirata dei film occidentali. Nel tentativo di fidelizzare gli spettatori alcuni cinema hanno iniziato a proiettare copie senza licenza durante i “servizi di pre-proiezione” di cortometraggi nazionali. Così hanno fatto per esempio le catene Mirage Cinema, Almaz Cinema e Greenwich Cinema con l’ultimo film di Martin Scorsese. Vengono acquistate copie delle pellicole doppiate per il mercato del Kazakistan, poi proiettate illegalmente. Anche le tv che propongono l’home cinema in abbonamento (Ivi od Okko), dopo aver dovuto rinunciare a cataloghi come quelli Warner o Disney, hanno perso quasi la metà degli abbonati. Il regista Nikita Mikhalkov aveva proposto loro di comprare pacchetti di film della Bollywood indiana o prodotti cinesi, ma ha riscosso soltanto pacche sulle spalle. Il governo sta facendo di tutto per non riconoscere i diritti d’autore. Dopo l’uscita di Netflix dal mercato russo, è venuto alla ribalta un sito denominato Zetflix che intende combattere l’industria cinematografica straniera proponendo illegalmente serial e film del colosso americano. La qualità video e audio è pessima e i contenuti non vengono doppiati ma semplicemente tradotti da un’unica voce narrante maschile. Dmitry Medvedev ha pubblicamente benedetto l’operazione, ma a farne le spese come al solito sono stati i russi amanti del cinema di buona qualità. Di Yurii Colombo

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