I soliti sospetti. Da una parte gli americani, che non si fidano di Pechino e ancor meno del fatto che attraverso TikTok (il social network cinese di fama e uso globale) i dati dei cittadini statunitensi non possano finire in mano al Dragone. Dall’altra la Cina, che rinfaccia a Washington – dopo i divieti su TikTok – una persecuzione «politica e xenofoba basata sulla presunzione di colpevolezza e non sui fatti» e che ribadisce che mai il suo governo ha chiesto alle aziende la consegna dei dati raccolti all’estero. A questo proposito la portavoce del Ministero degli Esteri cinese Mao Ning, in merito all’audizione al Congresso americano (dedicata alla sicurezza nazionale) del ceo di TikTok Shou Zi Chew, ha voluto sottolineare in queste ore che «il governo Usa non ha fornito prove per dimostrare che TikTok minacci la sicurezza nazionale, ma ha più volte presunto la colpa e soppresso senza ragione le società interessate».
Visti i tempi – con la guerra in Ucraina, la salda alleanza fra Xi Jinping e il russo Putin, la concorrenza e il duello economico e tecnologico in corso fra Usa e Cina – a Washington non hanno dubbi: dei cinesi meglio non fidarsi. Si tratta della nuova Guerra fredda nell’era dei social; una sfida che attiene ai big data, oggi forma straordinaria di potere e di preziose conoscenze. In fondo, nello scontro su TikTok fra Cina e Stati Uniti, si manifesta la nuova frontiera dello spionaggio del nemico nel 2023: meno James Bond e più tecnologia.
Di Massimiliano Lenzi
LA RAGIONE – LE ALI DELLA LIBERTA’ SCRL
Direttore editoriale Davide Giacalone
Direttore responsabile Fulvio Giuliani
Sede legale: via Senato, 6 - 20121 Milano (MI) PI, CF e N. iscrizione al Registro Imprese di Milano: 11605210969 Numero Rea: MI-2614229
Per informazioni scrivi a info@laragione.eu
Copyright © La Ragione - leAli alla libertà
Powered by Sernicola Labs Srl