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Cortile

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L’idea di un grande accordo fra i grandi sta solo nella testa di Trump, perché l’idea del riconoscere diritti esclusivi sui cortili di casa ridurrebbe l’America a essere debole e piccola quanto non mai

Cortile

L’idea di un grande accordo fra i grandi sta solo nella testa di Trump, perché l’idea del riconoscere diritti esclusivi sui cortili di casa ridurrebbe l’America a essere debole e piccola quanto non mai

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Cortile

L’idea di un grande accordo fra i grandi sta solo nella testa di Trump, perché l’idea del riconoscere diritti esclusivi sui cortili di casa ridurrebbe l’America a essere debole e piccola quanto non mai

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Ciò che può accadere in Venezuela, quel che la Cina afferma di volere far accadere a Taiwan, accadrà comunque lontano dai nostri confini europei. Eppure ci riguarda direttamente. Quel che si muove segnala un cambiamento di cui si deve essere consapevoli, se non se ne vuole essere le vittime. Il linguaggio stesso che viene utilizzato riporta non al passato, ma a un prossimo futuro ritagliato sui momenti peggiori del passato prossimo.

In Venezuela c’è una dittatura, che Maduro ha ereditato da Chavez e ne è il grottesco continuatore. Un Paese ricco i cui cittadini sono ridotti in miseria. Un Paese che forse non è l’epicentro del traffico mondiale di droga, ma ne è sicuramente uno snodo importante e per noi devastante. Sicché, detto con franchezza, se gli Usa decidessero di bombardarne i trafficanti, così come ne hanno annientato delle imbarcazioni, non ci sarebbe motivo di dolersene troppo. Se non fosse che questo avviene sulla base di una dottrina che solo apparentemente riporta al passato.

La “Dottrina Monroe” risale al 1823 ed era indirizzata a impedire l’influenza europea in territorio americano. Un problema da tempo superato. Ma la dottrina s’è evoluta ed è divenuta quella del “Cortile di casa”: in quello spazio gli statunitensi possono agire liberamente, pur di salvaguardare la propria sicurezza.

Quando Putin dice a Maduro che potrebbe inviargli dei missili per resistere a una eventuale azione armata Usa, non fa una promessa ma una citazione storica: riporta la mente alla crisi dei missili sovietici a Cuba nel 1962. Anche allora i missili non arrivarono mai, ma sulla base di un principio che ai sovietici stava più che bene: una grande potenza può liberamente spadroneggiare nel cortile di casa propria. Sicché, quando i carri armati sovietici entrarono a Budapest (1956) e poi a Praga (1968) – in entrambi i casi per reprimere elementari aneliti di libertà – da questa parte del mondo, da questa parte d’Europa si poté soltanto dire che era una schifezza, ma nessuno poté muovere un dito. Quello era il loro cortile.

Non stupisce che, incontrando Donald Trump, il capo cinese Xi Jinping abbia detto che la crescita del suo Paese deve procedere in parallelo a quella dell’America “nuovamente grande”. Non era una dichiarazione conciliante, non era un blandire il non del tutto adeguato ospite, era una minaccia: anche noi abbiamo un cortile, nel quale è compreso Taiwan. Groenlandia, Canada e Venezuela hanno una cosa in comune, dalle parti di Pechino: raccontano che in cortile si può ben fare quel che la logica di potenza consente. Gli Usa parlano, la Cina osserva e avanza.

L’idea di un grande accordo fra i grandi – da definire «favoloso e mai visto nella storia» (che lo vide ripetutamente e non sempre ammirevolmente) – sta solo nella testa di Trump, perché l’idea del riconoscere diritti esclusivi sui cortili di casa ridurrebbe l’America a essere debole e piccola quanto non mai. Prima o dopo a quel nodo si arriverà.

I nostri interessi europei non sono soltanto quelli relativi ai commerci, che giustamente cerchiamo di tenere vivi e attivi con ciascuno di questi interlocutori. Abbiamo anche interessi di sicurezza e non dimentichiamo che parte della nostra Unione Europea è considerata da altri il cortile della loro casa. Non possiamo dimenticarlo perché siamo nati quando quel cortile era chiuso e il proprietario spadroneggiava impunemente.

Si ha un bel prendere in giro l’Ue per essere il regno delle regole ed è singolare che a farlo siano gli stessi che si oppongono agli aiuti all’Ucraina. La sostanza è che le regole del diritto internazionale e le regole dei commerci sono l’opposto delle armi. Noi siamo ancora il regno della civiltà del diritto, oggi minacciata dalla civiltà delle armi. Il che deve spingerci né a diventare dei predicatori né a rassegnarci alla soccombenza, ma a fare dell’Ue (o di chi fra i Paesi Ue ci sta) una potenza unita e capace di trovare nelle armi la forza per difendere il diritto. Che è il solo modo per non essere costretti a usarle.

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