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Apocalypse Now in Ucraina

Quello che accade in Ucraina è troppo poco definire “immagini di guerra”: è la distruzione totale, l’apocalisse. La fine di ogni cosa ma anche la resilienza di un popolo aggredito ma non vinto.
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Apocalypse Now in Ucraina

Quello che accade in Ucraina è troppo poco definire “immagini di guerra”: è la distruzione totale, l’apocalisse. La fine di ogni cosa ma anche la resilienza di un popolo aggredito ma non vinto.
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Apocalypse Now in Ucraina

Quello che accade in Ucraina è troppo poco definire “immagini di guerra”: è la distruzione totale, l’apocalisse. La fine di ogni cosa ma anche la resilienza di un popolo aggredito ma non vinto.
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Quello che accade in Ucraina è troppo poco definire “immagini di guerra”: è la distruzione totale, l’apocalisse. La fine di ogni cosa ma anche la resilienza di un popolo aggredito ma non vinto.
Kyiv – «Ho osservato una lumaca strisciare lungo il filo di un rasoio. Questo è il mio sogno, il mio incubo: strisciare, scivolare lungo il filo di un rasoio e sopravvivere». Con queste parole, nel capolavoro di Francis Ford Coppola ispirato a “Cuore di Tenebra” di Joseph Conrad, il colonnello Kurtz raffigurava al capitano Willard l’orrore. “Apocalypse Now”: l’apocalisse, in questo preciso istante. Difficile trovare parole migliori per descrivere ciò che è sotto i miei occhi in Ucraina. Quelle viste a Bakhmut, a Bucha, a Izyum non sono immagini di guerra ma uno scenario apocalittico di distruzione totale. È la fine di ogni cosa. Non c’è onore, non c’è nulla. L’odio viscerale riversato contro un popolo pacifico e civile supera di gran lunga il concetto di crimine di guerra, perché nelle cose che ho visto qui in questi dieci mesi non c’è alcun codice militare. È un orrore che non può essere decodificato, che eleva a potenza la brutalità umana oltre ogni comportamento bestiale. Uomini e persino bambini castrati, torturati oltre ogni umana sopportazione, fatti a pezzi a poco a poco, tenuti in vita mentre venivano bruciati sino all’osso centimetro dopo centimetro. Donne stuprate a ripetizione sino a non poter più avere figli, violentate di fronte a madri, mariti e padri costretti ad avere impresso negli occhi quell’ultimo istante prima d’essere ammazzati. In Ucraina è stato superato ogni limite umanamente tollerabile. A due ore dall’Italia la barbarie russa ha toccato l’Occidente intero, scuotendone l’anima democratica e liberale. La guerra cambia le persone, è in grado di modificare la nostra struttura fin nel Dna. Nelle tenebre di questo abisso infinito alcune immagini mi sono entrate come schegge di luce dentro il cuore. Ricordo il sorriso di un bambino a Sloviansk, quando per Natale ha ricevuto in dono tre succhi di frutta e un album delle cornicette (tanti ne ho visti finire macchiati di sangue o bruciati). Aveva perso entrambi i genitori e viveva in uno scantinato con i nonni. Tutti i vestiti che indossava erano fuori misura e le sue scarpe erano due pezze bucate piene di fango. Eppure, il suo sorriso gioioso di fronte a tre succhi di frutta e un album da colorare era più grande del suo visino. Quest’immagine deve far riflettere anche chi non l’ha vista. Ricordo quando ho abbracciato il piccolo Sasha, estratto in extremis dalle macerie di un palazzo distrutto in cui credevamo avesse perso la mamma mentre il papà era al fronte. Indossava un paio di stivaletti di gomma e un cappottino blu, con il cappuccio calcato a coprire il viso dal freddo. Di me sapeva soltanto il nome e mi è corso in braccio, stringendosi al collo come nessuno ha mai fatto. A ogni mio gesto mi dava un bacino. Era l’amore sceso sulla Terra. Ricordo una bambina cantare l’inno ucraino senza versare una lacrima, mentre le veniva medicato quel che restava del suo piedino devastato da una bomba russa. Ricordo la smorfia di un’adolescente, contenuta come se fosse un dolore sopportabile, mentre le venivano tolti i punti dai monconi della gamba e del braccio strappati via da una mina. L’Ucraina è lì, in quelle immagini. Giovane, aggredita ma non vinta, orgogliosamente viva. di Giorgio Provinciali

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