Baluardo Chasiv Yar
La caduta di Chasiv Yar, data per scontata dalla maggior parte dei colleghi italiani oltre un mese fa. Non è andata come previsto da molti
Baluardo Chasiv Yar
La caduta di Chasiv Yar, data per scontata dalla maggior parte dei colleghi italiani oltre un mese fa. Non è andata come previsto da molti
Baluardo Chasiv Yar
La caduta di Chasiv Yar, data per scontata dalla maggior parte dei colleghi italiani oltre un mese fa. Non è andata come previsto da molti
La caduta di Chasiv Yar, data per scontata dalla maggior parte dei colleghi italiani oltre un mese fa. Non è andata come previsto da molti
Kyiv – Se il proposito era quello di presentarsi ai due eventi più attesi dell’anno con trofei all’altezza dei feroci appetiti del despota russo posati su piatti d’argento, è il caso di dire che l’Ucraina ha rovinato la festa a Putin. Non mi dilungherò nel ribadire ciò che ormai è notizia, vale a dire che l’ennesimo attentato alla vita del presidente Zelenskyj e dei due capi dei servizi speciali ucraini Kyrylo Budanov (Hur) e Vasyl Malyuk (Sbu) s’è concluso con l’arresto in flagrante delle spie russe Dmytro Perlin, Oleksyj Kornev e Maksym Mishutin, che gli 007 ucraini tenevano sotto controllo ancor prima dell’invasione su vasta scala del 2022. In contatto con la Fsb russa – che per il servizietto gli ha corrisposto fra i 46 e i 74mila euro – i tre Giuda dell’Udo (il reparto addetto alla sicurezza presidenziale) avevano concordato di prendere in ostaggio e uccidere Zelenskyj mentre s’apprestava a registrare il consueto messaggio serale e far bombardare le abitazioni di Budanov e Malyuk con un mortale double tap inframmezzato dal passaggio di due droni Fpv. Finiranno in carcere il resto della loro vita.
È invece doveroso spiegare dal campo come mai pure il secondo tributo al dittatore russo sia miseramente fallito. Mi riferisco alla caduta di Chasiv Yar, data per scontata dalla maggior parte dei colleghi italiani oltre un mese fa (Lorenzo Cremonesi scriveva il 6 aprile sul “Corriere della Sera” che lì si stesse oramai combattendo «casa per casa», contraddicendo Zelenskyj che sosteneva – correttamente – come il fronte stesse invece tenendo). Quel che accadde piuttosto in quel periodo fu che i russi occuparono un piccolo villaggio chiamato Ivanivske, situato nei sobborghi di Bakhmut sulla statale che congiunge quest’ultima a Kostiantynivka (sul sito e sul canale YouTube de “La Ragione” potete vedere un video reportage che girai in quelle circostanze di luogo e tempo con Alla Perdei): il loro obiettivo era avanzare da lì verso Chasiv Yar, stringendola da Sud in una morsa a tenaglia col contingente che nel frattempo li avrebbe raggiunti più a Nord da Bohdanivka.
Giocando d’astuzia, il comandante in capo Syrskyj ha anticipato quella mossa ordinando di contrattaccare proprio Ivanivske: non frontalmente (dove sarebbe stato più semplice farlo sfruttando quella grande arteria asfaltata che da Kostiantynivka porta dritti lì) ma dai territori di Klishchiivka liberati l’anno scorso più a Sud. Quanto descritto sta tenendo ancora impegnati i russi a Ivanivske, impedendogli di proseguire verso Chasiv Yar. La mossa di Sirskyj è geniale e in linea con la strategia anticipata l’altro ieri su queste pagine, mirata a interrompere i piani del nemico stremandolo ed esaurendone il potenziale, mantenendo a ogni costo le posizioni in modo da guadagnare tempo prezioso per la formazione e la preparazione delle riserve e in attesa degli agognati rinforzi.
Mandata all’aria la festa a Putin, presto o tardi Chasiv Yar cadrà? Se prima era solo una questione di tempo, ora non è detto. La piccola roccaforte si trova infatti in una posizione sopraelevata da cui è relativamente semplice mantenere i russi a distanza, a patto però d’avere i cieli coperti. Da quando sono terminate le munizioni dei sistemi di contraerea più efficienti (che Syrskyj ordinò saggiamente di schierare in quei luoghi, col risultato d’aver distrutto per oltre un mese praticamente un caccia nemico al giorno), gli attaccanti russi sono liberi di sganciare tonnellate d’esplosivo sulla città ogni volta che un loro drone da ricognizione rileva il movimento delle truppe ucraine a terra.
Se dunque rifornimenti, F-16 e sistemi di contraerea non tarderanno ad arrivare, Chasiv Yar resterà ucraina ancora a lungo e potrà addirittura essere il baluardo da cui avanzare alla riconquista della vicina Bakhmut. Qualora invece le promesse degli Alleati si rivelassero nuovamente soltanto tali, allora il suo destino sarà segnato. Per impedire che ciò accada, ma anche e soprattutto per evitare impasse analoghe in futuro, l’Ucraina ha creato una rete di fabbriche top secret sotterranee in cui migliaia d’ingegneri e operai (la cui lealtà e integrità è comprovata da numerosi test, onde evitare situazioni come quella descritta all’inizio di questo articolo) lavorano giorno e notte per dotarla d’armi proprie ancora più all’avanguardia di quelle dei propri alleati. Ne ha scritto ieri da qui Alberto Rojas per “El Mundo”, rivelando che presto Kyiv diventerà uno dei più grandi centri di produzione d’armi dell’intero Occidente.
di Giorgio Provinciali
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
-
Tag: guerraucraina, Ucraina
Leggi anche