Dal fronte di Kostiantinivka
Il paese da cui scrivono i nostri inviati è ormai da mesi al centro di violentissimi scontri. Mentre effettuano le riprese, notano due anziane camminare adagio nonostante le vicine esplosioni
Dal fronte di Kostiantinivka
Il paese da cui scrivono i nostri inviati è ormai da mesi al centro di violentissimi scontri. Mentre effettuano le riprese, notano due anziane camminare adagio nonostante le vicine esplosioni
Dal fronte di Kostiantinivka
Il paese da cui scrivono i nostri inviati è ormai da mesi al centro di violentissimi scontri. Mentre effettuano le riprese, notano due anziane camminare adagio nonostante le vicine esplosioni
Il paese da cui scrivono i nostri inviati è ormai da mesi al centro di violentissimi scontri. Mentre effettuano le riprese, notano due anziane camminare adagio nonostante le vicine esplosioni
Kostiantinivka – Trovandosi a pochi minuti dalla vicina Bakhmut, il paese da cui scriviamo è ormai da mesi al centro di violentissimi scontri. Le facciate dei palazzi sono annerite e bucate dai colpi d’artiglieria russi e l’asfalto è tanto massacrato da far prediligere gli spostamenti lungo il terreno fangoso ai suoi lati. L’unico dettaglio che lascia intendere di trovarsi ancora in un luogo abitato è la presenza dell’allarme aereo, che avverte i pochi civili rimasti a ogni imminente attacco russo. Uno dei più gravi ha recentemente colpito il mercato centrale, uccidendo 16 persone e causando altrettanti feriti. Il lungo lamento delle sirene accompagna tuttavia pressoché ogni ora del giorno e della notte, perché non c’è attimo in cui i russi non bersaglino Kostiantinivka con decine d’ogive. Mentre effettuiamo alcune riprese, notiamo due anziane signore camminare adagio nonostante le vicine esplosioni siano così violente da scuotere l’aria. Impressionati da quella flemma quasi atarassica, ci fermiamo brevemente per raccogliere le loro testimonianze e donar loro alcune nostre provviste. Liudmyla e Tatiana si presentano come due nonnine affezionate al luogo in cui sono nate e cresciute, tanto da non volerlo abbandonare neanche ora che i russi sono alle porte. Accettiamo il loro invito a seguirle fino a casa, raggiungendo assieme a loro un cortile al cui interno si trova una vecchia ambulanza d’epoca sovietica, ancora usata dai volontari per prestare il primo soccorso ai civili feriti.
Tenendo la luce spenta per non destare l’attenzione dei droni da ricognizione nemici, Liudmyla ci mostra un vano dopo l’altro locali accoglienti in cui ha appeso decine di fogli coi disegni a pennarello fatti dalla nipotina. «Vorrei tornare alla vita di prima, passeggiare con lei mentre mangia un gelato, sedermi al parco o andare a teatro. La verità è che quando tutto sarà ricostruito io non ci sarò più e forse lei avrà la mia età». Ruotando le manopole della cucina a gas e del rubinetto del lavello, Liudmyla vanta con orgoglio quei servizi basilari dati per scontati da chi ha l’ardire di dirsi stanco della guerra pur essendo (in tutti i sensi) distante da qui. Indicando la direzione da cui i russi stanno sparando verso Kostiantinivka, Liudmyla tuona: «tornino nelle paludi da cui sono venuti. Noi abbiamo voglia di vivere e loro portano solo miseria e morte».
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Visitando l’abitazione di Tatiana notiamo molti libri scritti in lingue diverse dal russo. Ce li mostra con orgoglio, ricordando quanto fosse difficile reperirli ai tempi dell’Urss. Scorrendo alcune fotografie ingiallite, ci parla della carriera del marito, che fu un ufficiale del Kgb. Le chiediamo quali siano stati i momenti più e meno belli della loro vita: nel primo caso, ricorda le volte in cui quest’ultimo ebbe il privilegio d’attraversare quella cortina di ferro che separava territorialmente e ideologicamente il mondo in cui viveva da quello che leggeva descritto in quei libri. Il momento più brutto fu invece per lei quando i russi entrarono a Kostiantinivka nell’aprile del 2014, occupando e razziando le infrastrutture civili e depredando e distruggendo le ricche attività commerciali locali. Quando le diciamo che qualche giornale italiano sostiene ancora si trattasse di “separatisti ucraini filorussi”, Tatiana cambia espressione chiedendoci di registrare la sua testimonianza. Giura che molte famiglie russe entrarono prima ancora dell’invasione armata e mai se ne andarono, neanche quando Kostiantinivka, Druzhkivka, Kramatorsk e Sloviansk furono liberate tra giugno e luglio dello stesso anno dalle Zsu.
I termini in cui Tatiana ha descritto ai nostri microfoni Putin e i russi nella loro stessa lingua sono irripetibili e ancor più gravi di qualsiasi espressione sentita in ucraino. Sentirla tuonare che «il russkij mir è un cancro da estirpare prima che avveleni la terra dei girasoli» mentre i muri di casa sua vibrano sotto i colpi russi scuote anche l’anima.
Di Alla Perdei e Giorgio Provinciali
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