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Ecocidio in lingua russa

La diga di Kakhovka approvvigionava d’acqua dolce la penisola di Crimea, fornendo inoltre energia a più di 3 milioni di persone
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Ecocidio in lingua russa

La diga di Kakhovka approvvigionava d’acqua dolce la penisola di Crimea, fornendo inoltre energia a più di 3 milioni di persone
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Ecocidio in lingua russa

La diga di Kakhovka approvvigionava d’acqua dolce la penisola di Crimea, fornendo inoltre energia a più di 3 milioni di persone
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La diga di Kakhovka approvvigionava d’acqua dolce la penisola di Crimea, fornendo inoltre energia a più di 3 milioni di persone

Kherson – Fra la mezzanotte e mezza e le quattro del mattino di ieri l’efficiente contraerea ucraina ha neutralizzato 35 missili da crociera Kh-101/Kh-555 lanciati da sei bombardieri russi Tu-95ms in volo sul Mar Caspio. Nell’epicentro di quell’uragano di fuoco, intorno alle tre, un’altra esplosione ha cambiato il corso degli eventi. Provocando il collasso di 11 delle 28 campate alte 30 metri e lunghe 3,2 km che la costituivano, la diga di Nova Kakhovka occupata dai russi saltava in ariaEcocidio inlingua russa, riversando con una forza dirompente oltre 18 km3d’acqua e 150mila tonnellate d’olio motore nel Dnepr. Straripando, il fiume sta inondando lungo il suo corso oltre 80 insediamenti civili, la cui evacuazione è compromessa dai continui colpi di mortaio sparati dai russi e dalle decine di mine che saltano in aria da sole, trasportate dalla corrente in un’onda alta 4-5 metri che sfocerà assieme al Buh nel Mar Nero.

Il Consiglio di sicurezza nazionale convocato subito dal presidente Zelenskyy (che già a ottobre aveva invitato Onu e Ue a costituire un joint team d’osservatori per scongiurare tale catastrofe) ha aperto immediatamente un’inchiesta per risalire alle cause del più grande ecocidio nel Paese dopo il disastro di Chernobyl. Come in quell’occasione, le autorità locali russe hanno immediatamente minimizzato l’accaduto: il sindaco di Nova Kakhovka Leontiev ha smentito infatti l’esplosione della centrale idroelettrica, bollandola come una sciocchezza e rassicurando i civili sul fatto che tutto in città fosse calmo e tranquillo. Poche ore dopo, di fronte alle immagini satellitari d’una catastrofe senza precedenti, le principali agenzie russe non hanno esitato a puntare il dito contro il governo di Kyiv, riversando come al solito in Rete decine di clip d’archivio e fake newssubito sbugiardate.

 
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Secondo la Compagnia Ukrhydroenergo, la natura del danno sembrerebbe indicare che la diga sia stata fatta saltare dall’interno: ad aver originato la deflagrazione potrebbe essere stato un sovraccarico delle valvole della sala motori o l’uso d’esplosivi. I grafici diffusi indicano che, mentre da mesi esortavano i civili ad abbandonare le zone limitrofe, i russi – che, ricordiamo, controllano la digahanno intenzionalmente innalzato il livello d’acqua sino alla soglia record di 17,5 metri, forse per infliggere il massimo danno alle truppe ucraine ai fini di contenerne la controffensiva per 10-15 giorni. Seppur svantaggiosa per loro stessi, perché la sponda sinistra del Dnepr (da loro occupata) è più bassa di quella destra, tale mossa troverebbe un inquietante precedente storico risalente al 18 agosto 1941 quando, con 20 tonnellate d’esplosivo arrivate in due aerei da Mosca, l’Nkvd fece saltare la diga di Dnepr per contenere l’avanzata delle truppe tedesche, sacrificando così fra 20mila e 100mila ucraini.

Costruito nel 1952, il bacino idroelettrico approvvigionava d’acqua dolce la penisola di Crimea e in parte la regione di Zaporizhzhya, fornendo inoltre energia a più di 3 milioni di persone. Tutti i reattori della centrale nucleare di Enerhodar sono spenti ma necessitano dell’acqua del Dnepr – che s’è ritirato di 10 metri – per esser raffreddati. Curiosamente un decreto, entrato in vigore il 31 maggio a firma del primo ministro russo Mykhailo Mishutin, esonera le autorità locali dall’obbligo d’indagare su incidenti e attacchi terroristici presso strutture pericolose nei territori occupati fra cui, appunto, la diga di Nova Kakhovka. Curiosa anche la reazione dell’Onu, sui cui canali social s’è ricordato che quella di ieri era «la giornata dedicata alla lingua russa».

di Giorgio Provinciali 

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