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Fra due campi minati

Un campo minato separa chi vive qui dalla Federazione Russa che li bombarda.  Eppure, a dirsi “stanchi della guerra” sono alcuni italiani che vivono così distanti da qui. Cosa dovrebbero dire queste persone?
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Fra due campi minati

Un campo minato separa chi vive qui dalla Federazione Russa che li bombarda.  Eppure, a dirsi “stanchi della guerra” sono alcuni italiani che vivono così distanti da qui. Cosa dovrebbero dire queste persone?
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Fra due campi minati

Un campo minato separa chi vive qui dalla Federazione Russa che li bombarda.  Eppure, a dirsi “stanchi della guerra” sono alcuni italiani che vivono così distanti da qui. Cosa dovrebbero dire queste persone?
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Un campo minato separa chi vive qui dalla Federazione Russa che li bombarda.  Eppure, a dirsi “stanchi della guerra” sono alcuni italiani che vivono così distanti da qui. Cosa dovrebbero dire queste persone?
Vorozhba – Scriviamo da un luogo dimenticato nelle cronache, dai notiziari e perfino da quei governi che -susseguendosi nel corso degli anni- hanno preceduto quello attuale. Anche i più quotati think tank hanno sbagliato grossolanamente le loro analisi riguardo quanto accaduto qui nei primi mesi dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina, riportando nelle loro mappe avvenimenti e fatti mai accaduti. Percorrendo dal punto più a Nord dell’Ucraina (ai confini con l’oblast’ russa di Briansk) tutto il tratto di strada massacrata che porta verso Sumy e parlando con le persone che s’incontrano lungo il tragitto si ha una visione chiara di ciò che accadde non solo nel periodo successivo alle prime drammatiche ore del 24 febbraio 2022 ma anche in quello che le precedette. Le mappe dell’Institute for the Study of War (i cui tecnici basano le proprie analisi a distanza sul report dei milblogger e su conferme visive ottenute dai video che circolano sui canali Telegram e Twitter) hanno riportato l’occupazione russa di territori nei quali in realtà gl’invasori non stanziarono stabilmente, escludendone altre in cui invece essi stabilirono il loro controllo macchiandosi di crimini orrendi. Alcune zone come Novhorod furono accerchiate per controllarne il traffico in entrata e in uscita ma mai realmente occupate sostituendo l’amministrazione locale con un’altra, come invece accadde nella maggior parte degli altri luoghi da cui abbiamo scritto, in cui i russi puntarono subito all’eliminazione fisica delle autorità locali per sostituirle a collaborazionisti e spie con cui erano già in contatto da tempo. Fallito il tentativo di prendere Kyiv in tre giorni defenestrando Zelenskyj, le truppe russe di ritirarono progressivamente dai luoghi da cui stiamo scrivendo, lasciando traccia indelebile del loro passaggio. I cuori delle persone che abbiamo incontrato non sono infatti meno distrutti delle facciate dei palazzi crollate, inclusi quelli dei pochi anziani che inizialmente furono meno preoccupati del ritorno del russkij mir. «Alcuni in queste zone di frontiera hanno inizialmente creduto a quegli amici parenti e amici russi che gli dicevano che i loro soldati non avrebbero fatto loro nulla di male, perché stavano venendo in soccorso dell’Ucraina e non per distruggerla. Ora loro sono i più accaniti patrioti e hanno chiuso ogni rapporto con conoscenze e amicizie russe anche di lungo corso. In epoca sovietica a me fu insegnato il russo come prima lingua. Dopo il 24 febbraio 2022 mi sono rifiutata categoricamente anche di pensare, in russo. Sono felice che il governo abbia stabilito di non seguire più il calendario giuliano in favore di quello gregoriano: fosse per me, festeggerei Natale anche a ferragosto pur di non comportarmi come gli orchi». Così Iryna ci spiega cosa pensa dei russi, che qui vengono definiti come katsap cioè bestie, mostri disumani. Iryna ha un piccolo negozietto d’alimentari ad appena 5 chilometri da quel mondo che rigetta profondamente. Quel piccolo chioschetto è l’unica sosta possibile in un lungo tratto di strada massacrata dai colpi d’artiglieria che è imperativo percorrere alla massima velocità avendo a sinistra e a destra solo mine. Mentre beviamo un caffè solubile con lei, quattro violentissimi colpi d’artiglieria scuotono l’aria. «Non vi preoccupate, è normale» dice Iryna, mostrandoci i suoi figli che giocano poco distante e spiegandoci che pure loro hanno imparato in questi due anni a riconoscere il fragore dell’esplosioni ravvicinate. Non facciamo fatica a crederle, perché anche le nostre narici ormai sono abituate all’odore acre della polvere da sparo. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “CRONACHE DI GUERRA” Chiediamo a Iryna quali misure abbia preso il governo Poroshenko per mettere in sicurezza queste zone dopo l’invasione russa del Donbas e come si sia comportato coi partner esteri. Mostrandoci il campo minato oltre la strada spiega che fu Zelensky a disporne l’installazione, aggiungendo che ora sono presenti anche altri tipi di fortificazioni più efficaci che scoraggeranno certamente ogni tentativo d’aggressione russa. Prima, nessuno fece niente. Di Alla Perdei e Giorgio Provinciali

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