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Giornalismo in guerra

Il peso dell’informazione e del giornalismo in tempo di guerra è cruciale, perché ogni singolo dato diffuso o taciuto può rivelarsi determinante
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Il peso dell’informazione e del giornalismo in tempo di guerra è cruciale, perché ogni singolo dato diffuso o taciuto può rivelarsi determinante
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Il peso dell’informazione e del giornalismo in tempo di guerra è cruciale, perché ogni singolo dato diffuso o taciuto può rivelarsi determinante

Kalynivka – Allontanandoci da Vinnytsia in direzione di Zhytomyr, ci immettiamo nella statale che porta all’aerodromo di Kalynivka, piccolo centro abitato ad alta concentrazione ebraica tristemente noto in Ucraina (come la città di Uman’, di cui abbiamo scritto ieri) per le esecuzioni di massa perpetrate dalle Einsatzgruppe naziste nel 1942. Un missile russo diretto verso il piccolo campo d’aviazione locale ha distrutto il cascinale d’un contadino, danneggiando gravemente il fabbricato limitrofo usato da un’azienda privata. Raggiunto il punto d’impatto seguendo le indicazioni d’un agricoltore, decidiamo di non scattare fotografie e non documentare le conseguenze di quel raid.

Se il motivo è semplice per chi vive sotto le bombe da 19 mesi, può esserlo meno per chi ha la fortuna di leggerne (o magari scriverne) da lontano. In situazioni simili, in cui il proposito era quello di colpire un obiettivo ritenuto strategico attiguo ad altri civili, ogni informazione diffusa può rivelarsi un boomerang contro chi in questi luoghi ci vive. Convalidando le coordinate di lancio, implicitamente s’ispira il nemico a intensificare attacchi simili. Invalidandole, lo si motiva a provarci ancora. Non si tratta di censura, ma di buon senso. Il peso dell’informazione in tempo di guerra è cruciale, perché ogni singolo dato diffuso o taciuto può rivelarsi determinante. Durante un meeting a porte chiuse a Kyiv, abbiamo potuto approfondire questo tema proprio col portavoce dell’intelligence ucraina Andriy Yusof, che ha invitato a esaminare attentamente quelle indiscrezioni che invece fanno notizia sui social network.

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Per mesi, molti hanno diffuso la falsa notizia della liberazione di ciò che resta di Andriivka e Klishchiivka, condivisa in Rete sino a esser presa per vera. Più volte l’Alto Comando ha invitato giornalisti e milblogger a non ritenere valide comunicazioni pubbliche da parte di soggetti diversi dallo Stato Maggiore, che solo ieri mattina – ad esempio – ha confermato la liberazione dell’insediamento di Andriivka. Notizia comprovata in seguito dalla stessa 3ª brigata d’assalto OShBr (parte d’Azov), che induceva alla ritirata una 72ª brigata meccanizzata fucilieri russa quasi completamente distrutta. Sino alla sera prima gli stessi soldati ucraini impegnati al fronte invitavano a ritenere falsa e prematura ogni dichiarazione (inclusa quella in via ufficiosa del viceministro della Difesa Hanna Maliar) ritenendola dannosa, in grado di mettere in pericolo la vita del personale e d’impedire lo svolgimento delle operazioni di combattimento.

La tecnica della maskirovka, cioè di far apparire qualcosa per ciò che non è, viene usata non soltanto dai russi ma anche dagli ucraini. Molti dei successi sbandierati dai boriosi milblogger russi, che mostrano spocchiosamente sui social network la migliore argenteria militare ucraina demolita, sono infatti falsi. Commissionate alla Metinvest di Rinat Akhmetov, più di 250 repliche perfette di sistemi radar e d’artiglieria, ma anche di difesa aerea, lanciamissili e tank sono stati inviati al fronte per confondere il nemico e indurlo a colpire le repliche di quelli veri. Riproduzioni perfette di Patriot, Himars e Challenger 2 sono state disseminate per tutto il Paese, tanto da indurre persino la “Cnn” a credere che i vettori di Mosca avessero centrato obiettivi reali.

di Alla Perdei e Giorgio Provinciali

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