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Il dimissionamento del generale Popov e la crisi di Mosca

La notizia del dimissionamento del generale Ivan Popov dimostra l’instabilità dell’esercito di Putin in Ucraina
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Il dimissionamento del generale Popov e la crisi di Mosca

La notizia del dimissionamento del generale Ivan Popov dimostra l’instabilità dell’esercito di Putin in Ucraina
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Il dimissionamento del generale Popov e la crisi di Mosca

La notizia del dimissionamento del generale Ivan Popov dimostra l’instabilità dell’esercito di Putin in Ucraina
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La notizia del dimissionamento del generale Ivan Popov dimostra l’instabilità dell’esercito di Putin in Ucraina
Mosca – Eppur si muove, verrebbe da dire. Dopo settimane in cui parte della stampa internazionale aveva mostrato perplessità sulla controffensiva ucraina, ieri la notizia del dimissionamento del generale Ivan Popov (“Spartak”), comandante della 58a Armata del Distretto militare Sud (fronte di Zaparozje), ha rivelato quanto sia critica e instabile la situazione dell’esercito di Putin in Ucraina. In un video che già in mattinata era diventato virale, Popov si rivolge ai suoi subordinati e dice di essere stato mandato a casa per aver riferito al ministro della Difesa Sergej Shougu quanto stava succedendo sul fronte di sua competenza. «Ho chiamato tutte le cose con il loro nome, ho focalizzato l’attenzione sulla tragedia più importante della nostra guerra: i grandi limiti del nostro fuoco di controbatteria, la mancanza di strumenti di ricognizione oltre che l’enorme massa di morti e di feriti di nostri fratelli a causa dell’artiglieria del nemico. Ho anche sollevato una serie di altri problemi e ne ho parlato al più alto livello, in modo molto franco e molto duro» ha affermato il generale. Le ricadute nel dibattito interno di questo coming out sono ancora più importanti di quelle militari. Malgrado il Cremlino abbia fatto pace con Prigozhin, i problemi che si sono aperti con la crisi del 24 giugno non possono essere facilmente risolti. Anzi. Il malcontento all’interno dell’esercito tende a diventare e a manifestarsi sempre di più come tendenza e frazione politica. È dai tempi della rivolta decabrista del 1825 che l’esercito russo non esprime autonomia dal potere centrale e la sua entrata in campo sarebbe foriera di enormi mutamenti del quadro geopolitico mondiale. Ormai è da qualche giorno che il presidente russo non appare in pubblico. Non ha reagito alla liberazione da parte di Erdoğan dei comandanti della Azov (considerata dal suo entourage una vera e propria pugnalata alle spalle) e neppure alle decisioni assunte dalla Nato a Vilnius. Il deputato di Russia Unita Andrej Turchak ha invece attaccato il collega Andrej Gurulev per aver pubblicato il video del generale Popov in quanto «l’appello non era destinato a essere reso pubblico», trasformandolo così «in un piccolo show». Come se il problema sia la pubblicizzazione del dimissionamento e non lo stato dei reparti al fronte. Il nodo vero è che, ormai del tutto discreditati, molti parlamentari della Duma tendono ad appoggiarsi sui militari al fronte. Gli ufficiali che “dicono la verità al popolo” sono ormai gli unici a continuare a essere credibili in quei settori dell’opinione pubblica nazionalista ferita nell’orgoglio da un conflitto che avrebbe dovuto essere una passeggiata su Kiev e che invece si è trasformato in un incubo. Non a caso i vari partiti di regime, compreso il Partito comunista, hanno presentato come candidati, per le elezioni amministrative d’autunno, molti veterani della guerra in Donbas. di Yurii Colombo  

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