In Ucraina il massacro dell’umanità
Da Bucha a Dnipro, il dramma delle popolazioni civili
In Ucraina il massacro dell’umanità
Da Bucha a Dnipro, il dramma delle popolazioni civili
In Ucraina il massacro dell’umanità
Da Bucha a Dnipro, il dramma delle popolazioni civili
Da Bucha a Dnipro, il dramma delle popolazioni civili
Sulla guerra in Ucraina si indugia sui temi dello scontro geopolitico, con analisi che rimangono spesso irrisolte e poco efficaci per individuare soluzioni. Un approccio diverso può forse evitare che le riflessioni sul conflitto divengano sempre più cronache assuefatte a una perdita di senso. Dopo l’eccidio di Bucha, l’orrore della guerra criminale di Putin si è replicata per ultimo nelle immagini delle distruzioni delle 200 abitazioni di un edificio di Dnipro. In un primo bilancio si parla di almeno 45 persone perite (fra cui 5 bambini) e di 79 feriti (16 bambini), con altre 47 persone al momento “scomparse”.
Per l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sono 7.031 i civili uccisi in Ucraina dall’inizio dell’invasione da parte delle forze russe. Nella maggior parte dei casi a causarne la morte sono stati armi esplosive con effetti ad ampio raggio, bombardamenti di artiglieria pesante, sistemi missilistici a lancio multiplo e attacchi aerei. Il report delle Nazioni Unite indica tra le vittime 2.784 uomini, 1.875 donne, 221 ragazzi, 177 ragazze e 35 bambini. Non vanno dimenticati gli 11.327 civili feriti (fra cui 325 ragazzi, 262 bambini e 240 ragazze). Sugli effetti più devastanti c’è un mesto richiamo: di 1.939 adulti uccisi non si è potuto stabilire il sesso e il bilancio reale potrebbe essere «considerevolmente più alto». Gli accertamenti sulle stragi sono ancora in corso con interviste alle vittime, ai parenti e ai testimoni, analisi documentali di materiali fotografici e video anche open source, registri e rapporti forensi, atti giudiziari, relazioni di organizzazioni non governative internazionali e nazionali, rapporti delle forze dell’ordine e di attori militari, dati di strutture mediche e autorità locali.
Il senso di umanità per le vittime della guerra andrebbe perciò richiamato costantemente, perché questo è l’unico argomento forte per imporre un percorso di pace e ripensare alle regole di un ordine internazionale condiviso. Anche la storia insegna che può giungere il momento della consapevolezza sulle conseguenze di una guerra. Nel 1862 il memoriale di guerra di Henry Dunant “Un ricordo di Solferino” sconvolse l’Europa con le cruenti descrizioni della storica battaglia della Seconda guerra d’indipendenza. Lo sdegno unanime fu soprattutto per le devastazioni dei corpi e l’abbandono dei feriti, che porteranno alla creazione della Croce Rossa internazionale e alla formulazione del diritto internazionale umanitario. Vennero così concepite le regole sul rispetto e sulla protezione dei feriti, dei naufraghi, dei prigionieri di guerra e dei civili che non partecipano alle ostilità, nonché il fondamentale principio di distinzione tra obiettivi militari e civili, che fa obbligo «di dirigere le operazioni soltanto contro obiettivi militari» (art. 48 Protocollo I).
Fra qualche giorno si ricorderà la Shoah: il 27 gennaio 1945 le forze russe del 1º Fronte ucraino del maresciallo Konev arrivarono per prime ad Auschwitz, rivelando al mondo l’orrore del genocidio nazista, documentato anche dagli atti del Tribunale di Norimberga. Poco dopo l’umanità (incluso il popolo russo) concepì la Carta delle Nazioni Unite e le Convenzioni di Ginevra del 1949: che siano queste le basi da cui ripartire per ritrovare la pace.
di Maurizio Delli Santi
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