Inutile scrivere “bambini”
Passando per Hostomel’, Irpin’ e Bucha ci fermiamo nei pressi del “cimitero delle auto”, trovando pulmini con ancora scritto a bomboletta “діти” (bambini)
Inutile scrivere “bambini”
Passando per Hostomel’, Irpin’ e Bucha ci fermiamo nei pressi del “cimitero delle auto”, trovando pulmini con ancora scritto a bomboletta “діти” (bambini)
Inutile scrivere “bambini”
Passando per Hostomel’, Irpin’ e Bucha ci fermiamo nei pressi del “cimitero delle auto”, trovando pulmini con ancora scritto a bomboletta “діти” (bambini)
Passando per Hostomel’, Irpin’ e Bucha ci fermiamo nei pressi del “cimitero delle auto”, trovando pulmini con ancora scritto a bomboletta “діти” (bambini)
Makarivka – Ogni volta che percorriamo il tratto tra Yasnohorodka e Motyzhyn non riusciamo a fare a meno di ricordare tutte quelle auto che in queste stesse strade sono rimaste bloccate fra due tronchi d’albero posti di traverso e poi circondate da uomini in mimetica verde scuro. Con la scusa d’un controllo, così i russi facevano scendere tutti i passeggeri a bordo di quelle vetture per poi incappucciarli e rapirli, o crivellarli di colpi sul posto. Ancora oggi, quasi tutti i cartelloni autostradali delle arterie verso Kyiv hanno le indicazioni cancellate o rese invisibili con la vernice spray. Molti di quelli in direzione Nord-Ovest sono rimasti crivellati di colpi, perché proprio in quei luoghi hanno avuto luogo gli scontri più pesanti tra gl’invasori che volevano prendere la Capitale e coloro che invece si trovavano lì per difenderla.
Mentre alcune trebbiatrici lavorano nei dintorni degli avvisi che interdicono l’accesso ai terreni minati, scorriamo uno dopo l’altro diversi cavalcavia distrutti sino ad accostare in prossimità d’una stazione di servizio appena ricostruita. Di fronte a noi riconosciamo l’hub logistico d’una delle aziende più grandi del Paese, completamente distrutto. Col permesso dei custodi, entriamo nello spazio delimitato dalle recinzioni per effettuare alcune riprese. Grande come almeno quattro campi da calcio, sino a poco tempo fa quell’area ospitava i magazzini della Tarkett, azienda leader mondiale nella produzione di rivestimenti per pavimenti, parquet e laminati. Ancora una volta, è di tutta evidenza che in quei luoghi non fosse presente alcun obiettivo militare; eppure, i russi hanno scagliato contro quell’infrastruttura una quantità di missili tale da raderla completamente al suolo.
Qualche chilometro oltre verso la Capitale riconosciamo una di quelle stazioni di servizio in cui gli occupanti fecero irruzione proprio nel momento in cui numerosi civili cercavano di rifornire le loro vetture per fuggire da quelle città che ormai erano assediate. Le carcasse delle auto bruciate sono state portate via, ma quelle macerie tuttora annerite restano un luogo spettrale che trasuda inquietudine.
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Passando per Hostomel’, Irpin’ e Bucha ci fermiamo nei pressi del “cimitero delle auto”. Tutti i rottami e i telai delle vetture sopra descritte sono stati portati qui, a riprova della misura d’un massacro che ha avuto come bersaglio principale i civili. Nessuno delle centinaia di telai accatastati in quell’enorme spazio è infatti d’un mezzo militare: ci sono invece autobus crivellati di colpi, pulmini con ancora scritto a bomboletta “діти” (bambini), monovolume col parabrezza trafitto dai proiettili e un’infinità d’automobili in cui accanto alle portiere forate e sopra i sedili sfondati sono stati posati orsacchiotti di peluche. Seguendo i girasoli disegnati a mano su quelle lamiere divelte, non dobbiamo camminare molto per vedere la luce del sole passare attraverso migliaia di quegli stessi fori su cancelli, cartelli stradali e paratìe metalliche davanti alle abitazioni. “Живуть люди” (qui vivono persone): impassibili di fronte a quella supplica ripetuta ad ogni casa, i russi hanno sparato contro ogni cosa.
Di Alla Perdei e Giorgio Provinciali
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