Kyiv ancora bombardata
Il video reportage a poche ore dall’ennesimo bombardamento russo sulla capitale ucraina, Kyiv
Kyiv ancora bombardata
Il video reportage a poche ore dall’ennesimo bombardamento russo sulla capitale ucraina, Kyiv
Kyiv ancora bombardata
Il video reportage a poche ore dall’ennesimo bombardamento russo sulla capitale ucraina, Kyiv
Il video reportage a poche ore dall’ennesimo bombardamento russo sulla capitale ucraina, Kyiv
Kyiv – Quella appena trascorsa è stata l’ennesima notte difficile per la Capitale dell’Ucraina. Nonostante le sue forze di difesa siano riuscite a neutralizzare un buon numero di droni e missili, i quattro distretti di Holosiiv, Dnipro, Solomyan e Shevchenkiv sono rimasti danneggiati.
Scriviamo quest’articolo dall’interno d’un укриття, un rifugio in cui abbiamo trovato riparo in seguito a quel primo attacco perché i russi hanno ripreso a bombardare proprio in questo momento.
Sul manto stradale d’una delle principali arterie di Kyiv un missile russo ha aperto una voragine enorme provocando la fuoriuscita di liquame e gas, tanto da richiedere l’intervento dei militari per aiutare vigili del fuoco e soccorritori a tamponare la situazione.
Le vetrate della chiesa di San Nicola sono andate in frantumi mentre tutto l’ultimo piano del grattacielo di fronte franava alle prime luci dell’alba. Gli ospiti dell’attiguo Holiday Inn hanno scampato per un soffio una tragedia vissuta da almeno una quindicina d’altri civili, portati invece d’urgenza nei nosocomi locali. Uno pare sia già deceduto. L’onda d’urto ha provocato il rogo di decine d’automobili e investito intere facciate di palazzi. Il sindaco Vitalij Klytschko ha riferito che 630 edifici residenziali, 16 strutture sanitarie, 17 scuole e 13 asili sono rimasti senza riscaldamento.
Pur avendo abbattuto 5 missili balistici “Iskander-M” / KN -23 (nordcoreani) su 5, 40 dei 65 BpLA ed avendo dirottato altri 20 droni grazie alle contromisure d’electronic warfare, le deflagrazioni causate dagli altri ordigni e dai loro frammenti hanno tuonato così forte da svegliarci di soprassalto dall’enorme fragore, sebbene il nostro alloggio si trovasse a un paio di chilometri in linea d’aria dal luogo dell’impatto.
Poco prima di recarci nel bunker al suono delle sirene che avvertivano d’un possibile double tap abbiamo documentato in un ampio video reportage – visibile sul sito web e il canale YouTube di questo giornale – la brutalità con cui i russi hanno confermato un concetto di ‘pace’ espresso poche ore prima dal loro leader Vladimir Putin (ipse dixit «voglio la pace, non una semplice tregua», ndr).
In lacrime e con la testa fra le mani, un ristoratore che aveva appena visto bruciare il proprio locale ci ha detto che finché avrà vita cercherà vendetta contro i russi: «Non sono esseri umani. Non sono persone. Cosa gli abbiamo fatto per veder distruggere ciò che abbiamo costruito mettendo tutto il nostro cuore in una vita di sacrifici?». Una signora miracolosamente sopravvissuta alla tempesta di schegge causata da una vetrata esplosa dinnanzi a lei ci ha spiegato d’aver perso oltre la metà dei prodotti che vendeva nel negozio sotto casa, proprio mentre osservavamo le gru dei vigili del fuoco estrarre apparecchiature medicali distrutte dallo studio dentistico al piano di sopra.
Il proprietario d’un chioschetto limitrofo travolto dalle schegge ha usato la stessa identica espressione scelta poche ore prima pubblicamente da Zelenskyj per descrivere Putin: «Відморозок! долбойоб! (è un malato di mente col cervello congelato! Un coglione! ndr.)». Molti altri sostenevano la scelta del governo di non far mai più transitare per l’Ucraina neanche una molecola di gas russo verso l’Europa, dicendo che servono misure ancor più forti per svegliare chi si definisce ‘alleato’ ma foraggia la macchina bellica russa acquistandone ancora il gas: «Ecco dove finiscono quei soldi. Lo vedete quel sangue? Filmatelo!»
Da tutte le testimonianze raccolte è emersa molta rabbia e altrettanta delusione per tutte le contraddizioni evidenziate in questi mesi dalla comunità internazionale ma anche una forte coesione sociale interna e una determinazione incrollabile nel voler resistere a ogni costo fino alla resa dei conti finale coi russi. All’ultimo lamento della sirena della contraerea persone spaesate, ferite, spaventate, attonite correvano per la strada verso i rifugi tenendo stretti a sé i propri bambini. Questo è ciò che i russi chiamano ‘mondo’ e ‘pace’. Questo è il russkij mir.
Di Alla Perdei e Giorgio Provinciali
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