La caduta d’Avdiivka
Avdiivka è infine caduta, il suo valore era non solo simbolico ma anche strategico. Le immagini sull’attuale situazione a Orikhiv -fronte Sud
La caduta d’Avdiivka
Avdiivka è infine caduta, il suo valore era non solo simbolico ma anche strategico. Le immagini sull’attuale situazione a Orikhiv -fronte Sud
La caduta d’Avdiivka
Avdiivka è infine caduta, il suo valore era non solo simbolico ma anche strategico. Le immagini sull’attuale situazione a Orikhiv -fronte Sud
Avdiivka è infine caduta, il suo valore era non solo simbolico ma anche strategico. Le immagini sull’attuale situazione a Orikhiv -fronte Sud
Orikhiv – Avdiivka è infine caduta. Contrariamente a quanto riportato da buona parte della stampa, il suo valore era non solo simbolico ma anche strategico. Già persa nell’aprile del 2014, la città che un tempo fu il più grande produttore di coke di tutta l’Ucraina venne ripresa dalle Zsu tre mesi dopo. Da quel momento, per dieci anni Avdiivka ha costituito l’argine invalicabile entro cui contenere l’avanzata rascista ma anche la roccaforte ideale dalla quale lanciare l’agognato assalto verso la riconquista della vicina Donetsk. Dal 2016 gli scontri per il controllo della sua area industriale in cui risiede la famosa cokeria si sono intensificati al punto da rendere il fronte che l’attraversava fino all’Iasynuvata occupata il più violento di tutta la guerra. Sempre più civili hanno scelto d’abbandonare le proprie abitazioni, tanto che al lancio dell’assalto finale (ottobre 2023) Avdiivka contava appena un migliaio d’abitanti, cioè il 3% della popolazione prebellica. In quattro mesi tale offensiva è costata alla Federazione Russa ben 47mila uomini, vale a dire 10mila in più di quanti abitavano quei luoghi dieci anni prima. Se in tal senso si può dire che l’obiettivo ucraino di logorare il nemico sia riuscito, non si può fare altrettanto circa l’aspetto strategico d’una decisione presa obtorto collo dopo la perdita della posizione chiave “Zenith”, situata nella periferia Sud-orientale della città. Il compito della 3a brigata d’assalto d’Azov – cui ho accennato sabato scorso su queste pagine – era appunto quello di garantire l’uscita delle rimanenti unità dall’assedio e non quello disperato di riprendere le postazioni perse.
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Oltre a frenare ogni velleità ucraina d’incursione a Donetsk, la conquista d’Avdiivka ha dato nuovo slancio all’offensiva russa, che in poche ore ha visto gli occupanti avanzare su altri quattro fronti: oltre Kreminna, Bakhmut e Marinka e verso Robotyne, cioè poco distante dalle zone di combattimento da cui scrivo, dove i russi hanno ammassato oltre 50mila uomini per assaltare le postazioni perse la scorsa estate. A riprova della sua costante presenza al fronte – che più volte mi sono trovato a documentare con Alla Perdei – il presidente Zelenskyj ha nuovamente visitato l’altro ieri il comando della 14a brigata meccanizzata a difesa di Kupiansk, contro cui premono altri 100mila russi. Oltre ai versanti Est e Sud appena descritti, ritengo doveroso segnalare ancora una volta il pericolo d’una nuova invasione da Nord. Trovo l’omissione di quel versante dalle cronache italiane sconcertante almeno quanto il ritratto del nuovo capo di Stato maggiore ucraino generale Syrskyj, dipinto da alcuni colleghi come un sanguinario senza scrupoli, mentre fu proprio sua la sofferta decisione di ripiegare da Avdiivka per mettere in salvo quante più vite possibile.
Le uniche note positive delle scorse ore sono legate al crescente numero di cacciabombardieri russi distrutti dai sistemi difensivi Patriot (l’ultimo recentemente donato dalla Germania ne ha già abbattuti 18) e alla decisione della Danimarca di trasferire tutta la propria artiglieria in Ucraina, tanto da sperare che le parole del suo primo ministro Mette Frederiksen possano spronare altri partner a fare lo stesso: «Abbiamo deciso di trasferire tutto perché l’Ucraina ci chiede munizioni adesso. Quindi scusate, amici: la questione non è legata alla produzione. In Europa l’equipaggiamento militare c’è. Abbiamo armi, munizioni e sistemi di difesa aerea che ancora non utilizziamo. Il nostro dovere è consegnarli all’Ucraina».
Di Alla Perdei e Giorgio Provinciali
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