La guerra, la morte e il Festival
La stessa pletora di negazionisti del Covid che prima confutava i vaccini oggi irride Zelensky, mentre Putin sventra città e causa morte
La guerra, la morte e il Festival
La stessa pletora di negazionisti del Covid che prima confutava i vaccini oggi irride Zelensky, mentre Putin sventra città e causa morte
La guerra, la morte e il Festival
La stessa pletora di negazionisti del Covid che prima confutava i vaccini oggi irride Zelensky, mentre Putin sventra città e causa morte
La stessa pletora di negazionisti del Covid che prima confutava i vaccini oggi irride Zelensky, mentre Putin sventra città e causa morte
Chernivtsi – A fatica ci ha raggiunti Ivan, 70enne evacuato da Kherson. Dopo sette mesi vissuti sotto occupazione, nel raid in cui domenica è stato nuovamente colpito l’ospedale pediatrico della città i russi hanno distrutto un complesso rurale poco distante in cui si trovava anche la sua villetta. Incredibilmente illeso ma molto provato, Ivan cerca subito di darsi da fare per aiutare nelle faccende domestiche i parenti che lo ospiteranno. Perquisizioni, intimidazioni, percosse e saccheggi: tutti i suoi racconti convergono su queste costanti.
«La Russia è qui per sempre». Nello stradone che porta a casa sua era affisso un cartellone su cui troneggiava questa scritta. Sua moglie non ce l’ha fatta: aveva il diabete ma sotto l’occupazione non c’era modo di procurarle l’insulina. Ivan l’ha vista andarsene soffrendo e non se ne dà pace. Dopo l’11 novembre (giorno della cacciata dei russi da Kherson) ha dovuto attendere più di due mesi prima di poter fuggire portando con sé una sola valigia. Ogni passaggio era minato, persino quelli più impervi dentro i boschi. Tutto intorno macerie e colpi di cannone. Prima di salutarmi, Ivan commosso prende le mie mani tra le sue e guardandomi negli occhi mi raccomanda di ringraziare chi sta aiutando l’Ucraina a cacciare l’invasore. Gli assicuro che lo farò.
Incamminandomi verso l’auto scorro la rassegna stampa giunta dall’Italia. Tiene banco la presenza di Zelensky al Festival di Sanremo. Due ore di volo separano l’inferno dalla kermesse musicale italiana più prestigiosa. Orgogliosamente fiero della prestigiosa vetrina offerta dal Paese che ha vissuto le lotte partigiane, penso che l’appello di un presidente combattente sarà benvisto da una platea così sensibile. Non proprio. La stessa pletora di negazionisti del Covid che prima confutava i vaccini oggi irride Zelensky, mostrandolo come un bambino isterico che «vuole pure gli aeroplanini». «Pur di non sentirlo strillare» recita un sottotitolo. C’è persino chi scrive che durante il suo intervento «ne approfitterà per andare in bagno». Putin sta sventrando intere città, come quella da cui è appena fuggito Ivan. Francamente mi viene difficile fargli digerire il concetto che la guerra sia colpa dell’ostinazione di Zelensky.
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Il commissario Ue per la Giustizia Didier Reynders ha reso noto che dallo scorso 24 febbraio a oggi in Ucraina sono stati denunciati 66mila crimini di guerra, il numero più alto mai registrato. In un anno Putin ha gettato nel tritacarne ucraino quasi 150mila uomini e almeno 3 volte tanti sono i feriti. In 10 anni d’Afghanistan ne perse 26mila. 1,6 milioni di ucraini sono stati deportati in Russia attraverso i campi di filtraggio, 300mila erano bambini. Sulla prima emittente televisiva russa Soloviev chiama alla guerra santa 150 milioni di persone, invocando la jihad per i musulmani e la crociata contro l’Occidente «anticristo e satanista» per gli ortodossi. Politici italiani s’indignano se RaiUno passa due minuti di raccoglimento durante un festival canoro. È un vero peccato che il nostro sia il Paese con le più accentuate remore rispetto alla lettura storica e oggettiva dei fatti. Troppo eloquente la politica aggressiva di Putin e troppo pericolose le potenziali ricadute sulle democrazie occidentali.
Di Giorgio Provinciali
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