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La pace è vincere: due anni dopo il 24 febbraio 2022

I nostri inviati Alla Perdei e Giorgio Provinciali ripercorrono questi due anni di guerra: da quella maledetta alba del 24 febbraio 2022 al coraggio senza fine degli ucraini
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La pace è vincere: due anni dopo il 24 febbraio 2022

I nostri inviati Alla Perdei e Giorgio Provinciali ripercorrono questi due anni di guerra: da quella maledetta alba del 24 febbraio 2022 al coraggio senza fine degli ucraini
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La pace è vincere: due anni dopo il 24 febbraio 2022

I nostri inviati Alla Perdei e Giorgio Provinciali ripercorrono questi due anni di guerra: da quella maledetta alba del 24 febbraio 2022 al coraggio senza fine degli ucraini
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I nostri inviati Alla Perdei e Giorgio Provinciali ripercorrono questi due anni di guerra: da quella maledetta alba del 24 febbraio 2022 al coraggio senza fine degli ucraini
Orikhiv – Era ancora buio quando una pioggia di missili iniziò ad abbattersi sull’Ucraina. Quelli partiti dalla Bielorussia colpirono subito Uman’, poi Zhytomyr, Ternopil’, Vinnytsia, Kyiv. Altri lanciati dal Mar Nero centrarono Mariupol’, Berdiansk, Melitopol’, Mykolaiv e Odesa. Sciami di razzi sparati dalla Russia e dai territori occupati tempestarono Kharkiv, Poltava, Dnipro. Zaporizhzhia. Gli obiettivi dichiarati erano caserme e installazioni militari ma sotto quelle tonnellate d’esplosivo volate a oltre sei volte la velocità del suono crollarono case, ospedali, chiese, scuole e aeroporti. Su quello d’Hostomel’ si paracadutarono i ceceni di Kadyrov, trovando l’inattesa resistenza dei corpi speciali ucraini che – grazie alle indicazioni fornite all’ultimo momento dall’agente segreto Denys Kireev al capo dell’Hur Kyrylo Budanov – riuscirono a contenerli salvando Kyiv e mandando all’aria i piani di Putin. Se all’alba del 24 febbraio 2022 essi consistevano nel prendere la Capitale ucraina in tre giorni, esautorando il legittimo governo Zelenskyj per instaurarne uno fantoccio guidato da Yanukovic, oggi che siamo all’alba del terzo anno di resistenza nulla di tutto ciò è stato conseguito. Uomini coraggiosi seppero prendere decisioni gravi, come quella di far saltare il ponte d’Irpin’ isolandosi col nemico pur di sottrarre Kyiv a un destino che sembrava ormai segnato. Pur trovandosi sul confine con la Federazione Russa, Kharkiv seppe resistere non cadendo mai, neanche quando fu circondata. Distrutta e poi occupata, Kherson riuscì infine a spezzare le catene rasciste, tornando libera e ucraina. Così fu per tutte quelle città, quei villaggi e insediamenti da cui il cancro russo iniziò a ritirarsi sotto i colpi delle Zsu, lasciando emergere un inferno che l’Europa non viveva da ottant’anni. I massacri di Bucha, Irpin’, Borodianka, Hostomel’, Dovhenke, Balakliia, Kamianka, Boromlia, il campo di concentramento di Yahidne, le fosse comuni d’Izium, i muri che trasudano sangue di Trostianets’ e poi i campi di filtrazione, gli stupri, le mutilazioni, le camere della tortura, i rapimenti di migliaia di bambini inghiottiti dal russkij mir. In questi due anni abbiamo viaggiato tra le prime linee e le città colpite tanto da sfondare due automobili. Le nostre stesse case sono state colpite due volte da missili e droni che ne hanno distrutto i tetti. Per quanto mille e oltre articoli scritti possano sembrare tanti, quella che abbiamo quotidianamente documentato è un’infinitesima parte dell’orrore che abbiamo visto e vissuto e di cui, oltre alle nostre, conserviamo centinaia d’altre testimonianze. Abbiamo conosciuto eroi veri, persone che hanno dimostrato d’avere due palle d’acciaio grandi così a prescindere dal sesso e dall’età. Gente che ha saputo fermare carri armati a mani nude e ha sacrificato ciò che amava di più per una libertà che è anche nostra. Li abbiamo visti resistere a Bakhmut e Avdiivka. Per molti di loro questa non è l’alba del terzo ma dell’undicesimo anno d’una guerra esistenziale di cui abbiamo vissuto gli orrori, spingendoci fino a pochi metri da quei criminali che l’hanno mossa. Siamo sopravvissuti a imboscate e agguati in cui hanno perso la vita persone innocenti che potevamo essere noi. Una parte del nostro cuore è rimasta in ognuno dei luoghi descritti e il coraggio di quegli eroi ha modificato il nostro stesso Dna. Quel che ci ha ferito di più è l’indifferenza d’un mondo distante seppure ai nostri confini. Lì si nutre l’arroganza di chi nega ciò che ha la fortuna di non vivere. Resta da liberare l’altra metà dei territori occupati, sotto le cui ceneri sono seppelliti crimini e nefandezze ancor peggiori di quelli vissuti. L’Ucraina ha il coraggio d’opporsi a coloro che l’Occidente non osa sfidare. Chiede solo di riavere una parte delle armi di cui accettò di spogliarsi trent’anni fa, quando la pace sembrava essere un bene contrattabile. Oggi la pace è vincere e per farlo occorre rimanere uniti. di Alla Perdei e Giorgio Provinciali

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