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Le rischiose montagne emotive russe

Le rischiose montagne emotive russe

Il destino del regime siloviko pare appeso all’umore ormai ondivago dei sudditi mentre continuano ad accumularsi perdite sul campo, con un esercito ucraino sempre più preparato e numeroso dell’armata russa.
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Le rischiose montagne emotive russe

Il destino del regime siloviko pare appeso all’umore ormai ondivago dei sudditi mentre continuano ad accumularsi perdite sul campo, con un esercito ucraino sempre più preparato e numeroso dell’armata russa.
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Le rischiose montagne emotive russe

Il destino del regime siloviko pare appeso all’umore ormai ondivago dei sudditi mentre continuano ad accumularsi perdite sul campo, con un esercito ucraino sempre più preparato e numeroso dell’armata russa.
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Il destino del regime siloviko pare appeso all’umore ormai ondivago dei sudditi mentre continuano ad accumularsi perdite sul campo, con un esercito ucraino sempre più preparato e numeroso dell’armata russa.
Le bocche distorte. La saliva sputacchiata. I visi enfi. I denti famelici. Gli occhi spiritati. I talk show di propaganda della televisione russa sono sempre stati un orrore ma di recente ogni argine è caduto. Gli attrippati ‘esperti’ gongolano mentre commentano le scene dei bombardamenti indiscriminati del Cremlino, che passano in parallelo sugli schermi. Fanno poi categoria a parte quelli ‘militari’ che, travestiti da soldati con mimetica ed elmetto, affermano decisamente che gli (innumerevoli) insuccessi russi sono da imputare alla presenza della Nato in Ucraina. Sembra impossibile infatti per lo zetista medio ammettere che l’esercito ucraino si stia dimostrando più preparato e persino più numeroso dell’armata russa impiegata nell’Operazione Z. Vedere la propria grandeur ridicolizzata da quelli che loro chiamano con disprezzo hohol (“codini”, riferendosi alla capigliatura degli antichi cosacchi) è così intollerabile da sfociare nella fantascienza pura. Ancora molti di loro credono che ufficiali dell’Alleanza Atlantica fossero nascosti nei bunker sotterranei di Azovstal, nonostante le loro stesse truppe non ne abbiano trovato traccia. La disfatta di Charkìv e il crollo del fronte Nord di Chersòn avevano poi abbattuto il morale ruscista. Vedere il ponte di Kerč’ semidistrutto li ha portati sull’orlo della crisi di nervi. Le critiche cominciavano ad accumularsi persino ai piedi del criminale Putin, fino a quel momento limitato al ruolo di sacra vittima dell’insipienza dei suoi turiferari e lacchè. Per sua fortuna era però già in moto un progetto di attacco sommario alle infrastrutture ucraine. Così i suoi sudditi bellicisti hanno potuto sbavare alla vista di incroci cittadini devastati, aree gioco per bimbi sventrate, consolati stranieri danneggiati. Al colmo dell’eccitazione persino i russi di peso assegnati ai territori occupati hanno proclamato tramite filmato di essere pronti a uccidere tutti gli ucraini che non si vorranno convertire all’imperialismo russo. Performance indistinguibili da quelle di Daesh, se non fosse per l’uso del russo in vece dell’arabo e la mancanza del dito indice a puntare il cielo per sostenere l’esistenza di un unico vero dio. In questo caso, tuttavia, il dito punterebbe Mosca. Così il regime siloviko è salito su un vero e proprio ottovolante emotivo, passando dalla disperazione delle ritirate all’euforia del sangue nemico versato. Purtroppo per loro è noto come a ogni rilancio dell’invasamento corrisponda però una caduta più profonda, in coincidenza dell’esaurimento dell’adrenalina. Che sembra arriverà presto: i missili che sono stati sparati a pioggia su decine di città ucraine non hanno aiutato granché le Z truppen che perdono terreno persino nella zona di Bachmut, dove la cittadina di Opytne è tornata sotto il controllo giallazzurro. Altri mobiki, a Chersòn, si sono trovati invece con l’ordine di resistere fino alla morte, ma senza addestramento né equipaggiamento. Per evitare il massacro hanno cercato di convincere il loro comandante a fornire uno o l’altro e davanti al suo testardo diniego pare l’abbiano eliminato per arrendersi quindi alle truppe di Kyïv. La notizia, che deve essere comunque ancora confermata, ricorda da vicino certi episodi avvenuti nel 1917 da cui l’esercito russo sembra distante una sola delusione ancora.

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