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L’eco di Putin

Così Lilia ricorda le prime fasi dell’occupazione russa del Donbass non nel febbraio 2022 ma ben prima, nel 2014
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L’eco di Putin

Così Lilia ricorda le prime fasi dell’occupazione russa del Donbass non nel febbraio 2022 ma ben prima, nel 2014
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L’eco di Putin

Così Lilia ricorda le prime fasi dell’occupazione russa del Donbass non nel febbraio 2022 ma ben prima, nel 2014
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Così Lilia ricorda le prime fasi dell’occupazione russa del Donbass non nel febbraio 2022 ma ben prima, nel 2014
Kyiv – «Da mesi notavamo la presenza sempre più numerosa di persone che non avevamo mai visto prima. Famiglie intere che si trasferivano in abitazioni accanto alle nostre, con documenti ucraini freschi di stampa. Parlavano russo come noi ma era evidente che non conoscessero il territorio, la storia, gli usi e le abitudini ucraine». Così Lilia ricorda le prime fasi dell’occupazione russa del Donbas. «Nei mesi seguenti abbiamo iniziato a trovare strani simboli fatti con la vernice presso alcuni incroci, poi i manifesti inneggianti alla grandezza russa e contro il nostro governo. Non avevamo mai visto nulla di simile prima e il nostro errore fu di non dare la dovuta attenzione a quei fatti». Lilia ricorda i primi attentati terroristici russi, le rivendicazioni, i sabotaggi. «Abbiamo scoperto che venivano corrisposti da Mosca circa 20mila rubli per ogni affissione e molto di più per gli attentati. Poi sono entrati i telonati, veicoli militari dipinti di bianco poche ore prima. Ho ancora i video dei nostri militari di frontiera che smascheravano l’ingresso in Ucraina di armamenti di ogni genere sotto quei teloni». Lilia termina il racconto osservando come neppure la comunità internazionale abbia dato troppo peso a quelle vicende, culminate con l’abbattimento del volo MH17 (fra i responsabili accertati figura proprio Igor “Strelkov” Girkin, ex agente Fsb e sedicente ministro della Difesa dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk). Le vicende di cui sopra non sono accadute nel 2022 ma nel 2014, cioè all’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Preoccupa non poco che oggi il leader di uno dei tre partiti al governo in Italia riconosca apertamente l’esistenza delle “Repubbliche autonome” del Donbas, cioè di quei territori de iure parte dell’Ucraina e di cui la comunità internazionale non ha mai riconosciuto l’indipendenza a eccezione di Putin (che ne ha ordinato l’invasione e l’annessione), Kim Jong-un (che fornisce a Mosca supporto militare nordcoreano in chiave antioccidentale) e il dittatore siriano Bashar al-Assad. Tutti autocrati di Paesi in cui la violazione dei diritti umani, l’oppressione di cittadini e prigionieri politici e la limitazione delle libertà individuali sono parte integrante del sistema. «Berlusconi bacia le mani insanguinate di Putin in segno di lealtà e sudditanza come fece nel 2010 con il dittatore libico Mu’ammar Gheddafi, sostenendo la disinformazione su cui la Russia fa leva per compiere i propri crimini», questo il commento del portavoce del ministro degli Affari esteri ucraino Oleg Nikolenko. «Berlusconi getti la maschera e dica pubblicamente di essere a favore del genocidio del popolo ucraino», così incalza il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak. Le parole del leader di Forza Italia hanno suscitato grande indignazione anche all’interno della comunità italiana in Ucraina, tanto che la sua proposta di far pagare agli Usa «dai 6 ai 9mila miliardi di dollari» per i crimini commessi dai russi suona come una presa in giro. «Putin ha devastato un Paese per 9 anni, ma a pagare sia Biden»: giocando sul doppio significato della parola mir (“pace” e “mondo”), sarcasticamente è questo il commento al russkij mir proposto da Berlusconi in alternativa al piano di pace in dieci punti avanzato da Zelensky e Ue all’Onu. L’unico, realistico, finora sul tavolo. di Giorgio Provinciali

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