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Soldati russi si arrendono

Meglio arresi che complici

La sempre più frequente resa di militari russi che non intendono macchiarsi dei crimini contro l’umanità che gl’impone di compiere Vladimir Putin

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Meglio arresi che complici

La sempre più frequente resa di militari russi che non intendono macchiarsi dei crimini contro l’umanità che gl’impone di compiere Vladimir Putin

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La sempre più frequente resa di militari russi che non intendono macchiarsi dei crimini contro l’umanità che gl’impone di compiere Vladimir Putin

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La sempre più frequente resa di militari russi che non intendono macchiarsi dei crimini contro l’umanità che gl’impone di compiere Vladimir Putin

Chernivtsi – «La tanto decantata offensiva primaverile della Russia sta crollando». Il segretario del dipartimento di Stato americano per gli affari europei ed euroasiatici James O’Brien non poteva esprimere meglio i risultati ottenuti da Mosca, giunti ormai alla metà di luglio. Come ha ribadito il funzionario Usa a margine del summit della Nato a Washington, una parte significativa della flotta russa nel Mar Nero ha ormai lasciato la Crimea e le capacità d’attacco da posizioni ravvicinate degli occupanti stanno cadendo a pezzi sotto i colpi ucraini. A riprova di ciò, la morsa su Kharkiv s’è notevolmente allentata grazie alla distruzione di diversi sistemi S-300, mentre tutti gli ultimi attacchi russi (incluso quello contro l’ospedale pediatrico oncologico di Kyiv) sono stati lanciati da lunghe distanze, usando missili balistici o da crociera.

Questo spiega le ragioni della richiesta del presidente Zelenskyj di far cadere l’ultimo veto imposto dagli alleati circa la possibilità di colpire in profondità il nemico. Decaduto quell’ultimo limite, l’Ucraina potrebbe finalmente colpire le basi aeree russe da cui partono i velivoli dotati delle micidiali bombe plananti che devastano quotidianamente città intere senza possibilità di difesa. A dimostrazione dell’intenzionalità di tali barbari attacchi (l’ultimo contro Mirnohrad ha causato ieri la morte d’un 15enne e il ferimento d’altre 13 persone fra cui diversi altri adolescenti), il Dipartimento d’intelligence della Difesa ucraino (Hur) ha ricevuto nelle scorse ore la richiesta di resa volontaria d’uno dei piloti della 22esima divisione dell’aviazione bombardieri pesanti russa (unità militare 06987 dell’aeroporto di Engels) che, dopo averne contattato il servizio di chatbox, ha riferito d’esser rimasto scioccato dall’attacco all’ospedale Okhmatdyt, dicendo di non comprendere le ragioni per cui piloti come lui siano stati costretti ad attaccare obiettivi civili in Ucraina. Dopo aver consegnato al Hur molti documenti relativi alle attività della sua unità militare (oltre a foto e identificativi del personale di comando di quella divisione), il pilota russo ha ammesso che essa bombarda quotidianamente le città ucraine con missili Kh-101 identici a quelli sparati contro l’ospedale oncologico pediatrico più grande dell’Ucraina. Tali inumani attacchi hanno sortito la reazione opposta a quella auspicata da Putin, che con l’uso del terrore mira a fiaccare il morale della popolazione civile ucraina.

Le interminabili code d’uomini in età di leva che si sono viste nelle scorse ore fuori dagli uffici dei centri Tsnap (in cui era possibile fino a ieri regolarizzare la propria posizione militare) sono la risposta più eloquente a chi ventila strampalate ipotesi d’accordo fra aggredito e aggressore. Per ribadire la distanza siderale che separa i soldati ucraini da quelli russi, il capo di stato maggiore Syrskyj ha reso noto d’aver apportato modifiche al corso d’addestramento per i militari, introducendo – in adempimento degli obblighi internazionali assunti dall’Ucraina – la frequentazione obbligatoria d’un corso mirato allo studio delle norme che regolamentano il diritto internazionale umanitario.

La sempre più frequente resa di militari che non intendono macchiarsi dei crimini contro l’umanità che gl’impone di compiere il regime russo, e il ricorso di quest’ultimo a sabotaggi, incendi dolosi e tentativi d’assassinio di chi – come il ceo di Rheinmetall, Armin Papperger – sostiene la fornitura d’armamenti all’Ucraina, evidenziano le gravi difficoltà in cui versa Mosca. Di contro, Kyiv procede speditamente verso un allineamento totale agli standard tecnici e di diritto che le consentano d’allinearsi e integrarsi quanto prima nell’Alleanza Atlantica. E non chiede altro che il semaforo verde a poterne usare senza restrizioni tutte quelle attrezzature che le sono state promesse o già consegnate. Il concetto ormai è semplice: più armi arrivano, più vite innocenti si salvano e prima finisce la guerra.

Di Giorgio Provinciali

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