Mira di cartone
La cialtroneria del Cremlino non deve indurci a sottovalutare le perdite del campo alleato.
Mira di cartone
La cialtroneria del Cremlino non deve indurci a sottovalutare le perdite del campo alleato.
Mira di cartone
La cialtroneria del Cremlino non deve indurci a sottovalutare le perdite del campo alleato.
La cialtroneria del Cremlino non deve indurci a sottovalutare le perdite del campo alleato.
Il drone kamikaze Lancet (“lancetta”) del Cremlino si avvicina al bersaglio. 500, 200, 100 metri. La telecamera montata sul muso distingue la sagoma di un lanciatore di missili 5V55 del sistema antiaereo S300. 50 metri, 10, 1. Colpito. Nel filmato del Ministero russo della Difesa l’obiettivo è in fiamme e l’eliminazione è rivendicata con orgoglio. Peccato che sia un dummy, cioè un finto bersaglio in legno – dalle fattezze di un vero sistema militare – ideato per trarre in inganno il nemico facendogli sprecare munizioni per colpirlo. Ancora peggio, è un dummy dello stesso esercito russo.
Non è infatti una novità che il comando militare di Mosca conteggi negli obiettivi distrutti anche i finti bersagli (scusa che almeno in parte giustifica la pretesa di aver abbattuto tre volte l’intera aviazione giallazzurra) ma finora erano almeno ucraini. Questo peculiare “fuoco amico” la dice quindi lunga sulla crisi di risultati dell’apparato bellico siloviko, ora costretto pure a fare sia da aggressore che da aggredito nella spasmodica ricerca di immagini notiziabili per la propaganda. Poco importa se la comunità Osint (ricercatori indipendenti su fonti pubbliche come, appunto, la televisione russa) smaschera e sbeffeggia queste patetiche prese in giro: il compitino richiesto dal criminale Putin è stato svolto, quindi pacca sulla schiena e via. Dato che i droni Lancet prodotti dal gruppo industriale Kalašnikov (proprio quello dei famosi mitragliatori) non sono disponibili in quantità elevate, se vengono esauriti su finti bersagli anziché sui soldati di Zelens’kyj non possiamo che esserne sollevati. Contento Šojgu, contenti tutti.
Nonostante queste continue cialtronerie va da sé infatti che le forze ucraine siano lungi dall’essere invulnerabili. Anche se in numero molto inferiore alle Z truppen – d’altronde lanciate in attacchi suicidi contro le trincee fortificate di Bachmut – ogni giorno l’esercito di Kyïv perde uomini e mezzi per difendere la sua libertà. In questo non fanno eccezione gli aiuti militari inviati dall’Occidente, le cui perdite sono state raccolte dal ricercatore indipendente Stijn Mitzer.
Già famoso per le accurate liste di mezzi persi da entrambi gli schieramenti in questa guerra, insieme a Joost Oliemans ha tenuto traccia sia delle donazioni degli alleati dell’Ucraina, sia delle perdite inflitte sul campo a tali aiuti materiali. A oggi abbiamo la conferma della perdita (o danneggiamento o cattura) di 35 dei circa 410 carri T-72 nella configurazione ammodernata M/M1(R) inviati da Polonia, Repubblica Ceca e Macedonia del Nord. 250 degli oltre 270 pezzi d’artiglieria donati dalla Nato (e quindi anche dall’Italia) continuano peraltro a contenere l’espansione famelica del Russkij Mir mentre soltanto 6 dei quasi 200 veicoli di artiglieria motorizzata sono stati colpiti e resi inutilizzabili. Il conto è però più esoso per le unità d’assalto, dato che ben 95 veicoli di trasporto per la fanteria (dei seppur ragguardevoli 3.265 trasferiti) sono stati distrutti nei combattimenti.
Per ognuno di questi mezzi va infatti contata una squadra di soldati del Paese dei Girasoli che ha deciso di impegnarsi in prima linea per affrontare il fascismo russo e impedirne il propagarsi in Europa. Un sacrificio che dobbiamo continuare a sostenere con ogni mezzo necessario.
di Camillo Bosco
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