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esercito russo

L’esercito russo manda pezzi da museo al fronte

L’ex secondo esercito del mondo, quello russo, invia in Ucraina carri degli anni Quaranta

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L’esercito russo manda pezzi da museo al fronte

L’ex secondo esercito del mondo, quello russo, invia in Ucraina carri degli anni Quaranta

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L’esercito russo manda pezzi da museo al fronte

L’ex secondo esercito del mondo, quello russo, invia in Ucraina carri degli anni Quaranta

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L’ex secondo esercito del mondo, quello russo, invia in Ucraina carri degli anni Quaranta

Tout va très bien, madame la Marquise!” La famosa canzone di Paul Misraki è stata riarrangiata da Dmitrij Medvedev: «La Russia produrrà quest’anno 1.500 carri armati. Il nostro T-90M è il migliore al mondo, ben superiore agli Abrams, ai Challenger e ai Leopard. Gli Himars (lanciarazzi semoventi, ndr.) sono buoni ma anche noi abbiamo armi di precisione simili». Il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa (nonché ex primo ministro) si è così prestato a una marchetta promozionale per la periclitante industria bellica di Mosca, che ha visto sfarinarsi contratti e committenze. Una strategia comunicativa amplificata per il pubblico interno dall’agenzia di stampa russa “Ria Novosti” che ha pubblicato una lode sperticata dei T-62, carri armati di sessant’anni fa riportati al fronte per disperazione, secondo loro capacissimi di affrontare una guerra moderna. I moscoviti – tutto fuorché stupidi – sono stati i primi a ridere di queste scemenze ma, se in russo esiste persino una parola (vranyo) per quando si fa finta di credere alle bugie altrui per quieto vivere, a ognuno è chiara la propria parte.

Due dettagli risultano invece interessanti. Il primo è il numero di 1.500 carri prodotti per anno, del tutto irrealistico a meno che non comprenda anche le capacità di ammodernamento di mezzi antiquati. Ammesso e non concesso che le officine zetiste possano lavorare a questo regime, anche includendo i restauri dei ferrivecchi il ricercatore Stijn Mitzer ha certificato la perdita di almeno 1.871 carri dell’esercito russo in questi 13 mesi di guerra. Fra perdite e rimpiazzi i conti quindi non tornano, al contrario delle torrette proiettate in aria dalle esplosioni.

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Il secondo dettaglio è questo improvviso amore per la ferraglia sovietica. L’aggregatore di Osint (ricercatori da fonti aperte) informnapalm.org ha infatti rivelato che interi scaglioni di T-54 e T-55 stanno venendo trasferiti verso il fronte di guerra dalla 111esima base della Riserva centrale di carri presso Chabarovsk, nella Russia estremo-orientale. Si tratta di carri costruiti alla fine degli anni Quaranta con logiche obsolete da Seconda guerra mondiale, armati con cannoni dal calibro ridotto privi persino di stabilizzatori di tiro.

Forse sono loro l’arma segreta che verrà consegnata ai mercenari di Prigožin per catturare Bachmut, che ancora rimane per metà in mano ucraina. I difensori infatti si sono ritirati a Ovest del fiume Bachmutka e i 240 metri senza ripari che si devono percorrere per arrivare al rio si stanno rivelando un ennesimo carnaio, simile per i russi a quello di Vulhedàr. La mancanza di proiettili d’artiglieria tanto lamentata dalla Wagner si fa infine sentire, mentre la tattica dello Stato maggiore ucraino sembra abbia avuto successo. Ora le sfiancate e avvilite Z truppen, che non hanno conseguito alcun risultato tangibile a fronte delle perdite spaventose, saranno esposte alla controffensiva di Kyïv.

La Russia si ritrova insomma con pezzi da museo al fronte e l’ammiraglia affondata, prezzi del gas e del petrolio in caduta libera e l’economia sanzionata, le basi bombardate e la Nato in espansione, le culle vuote e i cimiteri pieni, incendi negli edifici strategici e un buco di 6mila miliardi di rubli nel proprio bilancio federale. Tout va très bien, monsieur le Putin!

di Camillo Bosco

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