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Pioggia di bombe su tutta l’Ucraina

Il più violento bombardamento russo a Zaporizhzhia contro le infrastrutture energetiche ucraine: il numero di morti e feriti è incalcolabile, oltre 90 missili e 63 droni lanciati sul Paese

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Pioggia di bombe su tutta l’Ucraina

Il più violento bombardamento russo a Zaporizhzhia contro le infrastrutture energetiche ucraine: il numero di morti e feriti è incalcolabile, oltre 90 missili e 63 droni lanciati sul Paese

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Pioggia di bombe su tutta l’Ucraina

Il più violento bombardamento russo a Zaporizhzhia contro le infrastrutture energetiche ucraine: il numero di morti e feriti è incalcolabile, oltre 90 missili e 63 droni lanciati sul Paese

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Il più violento bombardamento russo a Zaporizhzhia contro le infrastrutture energetiche ucraine: il numero di morti e feriti è incalcolabile, oltre 90 missili e 63 droni lanciati sul Paese

Zaporizhzhia – Nelle scorse ore ha avuto luogo il più violento bombardamento russo contro le infrastrutture energetiche ucraine da almeno un anno a questa parte. Ben quattordici bombardieri strategici Tupolev Tu-95ms, quattro Tu-22M3 e sei MiG31K hanno scaricato contro l’Ucraina una pioggia di fuoco impressionante: oltre 90 missili e 63 droni, le cui esplosioni hanno risuonato pressoché in tutto il Paese.

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Come avevo anticipato quando scrissi che la mancanza di missili avrebbe presto comportato un grave calo nell’efficacia delle difese aeree ucraine, così è stato: nessuno dei 12 Iskander-M, dei 7 Kinzhal Kh-47M2 e dei 22 missili balistici partiti dai sistemi s-300 e s-400 è infatti stato intercettato. Quest’ultimi hanno colpito Kharkiv causando gravi danni ai sistemi d’approvvigionamento idrico ed elettrico, oltre a mettere temporaneamente fuori uso le linee telefoniche. Blackout programmati sono stati introdotti anche nelle regioni di Sumy, Poltava, Dnipropetrovsk e Kirovohrad e molte città sono tuttora al buio. Dodici missili hanno colpito Zaporizhzhia radendo al suolo un intero settore residenziale: 7 edifici sono stati completamente distrutti e almeno 35 gravemente danneggiati. Il numero di morti e feriti è incalcolabile, perché lo scenario che si apre di fronte ai nostri occhi è a dir poco apocalittico. Salvarsi è stata una questione di secondi e, pur restando dentro i bunker, mura e pavimenti hanno tremato come fosse in corso un terremoto. Le immagini ricevute da amici e colleghi a Kherson, Ivano-Frankivsk, Odesa, Kryvyj Rih e Mykolaiv hanno rivelato scenari di distruzione totale non dissimili a quelli vissuti qui. La centrale nucleare di Zaporizhzhia – del cui controllo Raphael Grossi aveva personalmente chiesto la restituzione al personale ucraino, nel corso del suo ultimo incontro con Putin – è stata disconnessa fisicamente dal sistema energetico di Kyiv e si trova ora sull’orlo del blackout. A Dnipro otto missili russi hanno colpito la diga sventrando anche un filobus carico di civili che stava transitando in quei pressi e un’ingente quantità di prodotti petroliferi proveniente dalla centrale idrica danneggiata si sta riversando nelle acque del fiume Dnipro. La scorsa notte i raid russi hanno preso di mira anche Kyiv, cercando di colpire le strutture della Direzione principale dell’intelligence militare ucraina (Hur). Nonostante tutte le minacce siano state distrutte, i frammenti di missili e droni hanno provocato gravi danni alle infrastrutture civili della Capitale.

Oltre a un contingente di oltre 100mila uomini in previsione della preannunciata offensiva estiva, Mosca sta preparando ordigni dal potenziale devastante: le Fab-3000 di cui sono state diffuse in queste ore le prime immagini contengono infatti ciascuna ben tre tonnellate d’esplosivo (il cratere di 58 metri di diametro e 33 di profondità che potete vedere nelle foto sul sito de “La Ragione” fu causato da un Fab sei volte meno potente). È il 23 marzo. Dei proiettili promessi dall’Ue qui non se ne vede che un’infinitesima parte. Le difese aeree sono sguarnite e lasciano mano libera ai russi per compiere stragi di civili come quella appena descritta. Il Congresso americano continua a bloccare gli aiuti all’Ucraina e ora pure l’amministrazione Biden chiede a Kyiv di non colpire i depositi petroliferi russi, perché «potrebbero causare un innalzamento dei prezzi del greggio».

Di Alla Perdei

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