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Putin si prepara alla lunga guerra

Putin si prepara alla lunga guerra

Mentre il fronte ucraino tiene, l’esercito russo si divide in mille rivoli
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Mentre il fronte ucraino tiene, l’esercito russo si divide in mille rivoli
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Putin si prepara alla lunga guerra

Mentre il fronte ucraino tiene, l’esercito russo si divide in mille rivoli
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Mentre il fronte ucraino tiene, l’esercito russo si divide in mille rivoli
I russi picchiano ancora duro, ma gli ucraini stanno resistendo. Le masse dei mobiki (i soldati mobilitati di Mosca), tenute in addestramento fino a poche settimane fa, si muovono a poco a poco sul fronte dovunque sia necessaria carne da cannone per sostenere il ritmo degli assalti. Le necessità dei calcoli di Putin hanno invece portato alla restrizione delle attività della compagnia militare privata Wagner di Evgenij Prigožin, i cui membri sono ora costretti a mendicare i proiettili d’artiglieria indispensabili per gli assalti. Come per una qualsiasi campagna per salvare un cagnolino abbandonato, i mercenari chiedono ai fan su Telegram di farsi sentire per indurre il Ministero della Difesa a consegnare loro le munizioni. Ammesso che questa volta ci riescano, la volontà politica è comunque chiara. Il Cremlino ha ordinato infatti alla compagnia gasifera e petrolifera di Stato Gazprom – il suo forziere – di creare una sua forza militare privata e il ministro della Difesa Sergej Šojgu ha persino mobilitato l’agenzia Patriot, la sua milizia personale. Entrambe potranno affiancarsi alle altre già presenti (anche se meno famose) Moran, Redut e gruppo Rsb. Una collezione notevole di mercenari per un Paese che ne vieta espressamente l’uso nel suo codice penale (sezione XII, capitolo 34, articolo 359 “Mercenarismo”) ma è anche vero che, seguendo un antico detto moscovita, «la severità delle leggi russe è mitigata dal fatto che obbedirvi è opzionale». Cos’hanno queste organizzazioni di meno illegale della Wagner? Il fatto che la loro dipendenza e aderenza al potere siano assolute, mentre Prigožin vuole usare il suo esercito come ascensore sociale per passare da scagnozzo a capo. «Niet» hanno risposto da Mosca, sebbene l’idea di usare mercenari al posto dell’esercito sia piaciuta assai a chi teme – ben più dei missili Nato – un ritorno ai tempi d’oro dell’Armata Rossa e alla sua conseguente capacità di attuare colpi di Stato. Da un puro opportunismo è quindi nato questo florilegio di (finta) privatizzazione dell’esercito russo, secondo il principio del diviser pour régner. Intanto che Putin si ripara il tafanario con simili traccheggi, i suoi sudditi proseguono con gli attacchi alle linee giallazzurre. Nel Sud del Donbas la steppa prospiciente la cittadina di Vuhledar è costellata dalle voragini delle opposte artiglierie, inframezzate dai relitti degli aggressori moscoviti saltati in fila indiana sui campi minati. A Kreminna, a Nord, i contrattacchi ucraini hanno infine bloccato il contropiede russo che li aveva costretti a indietreggiare mentre nella ormai famosa Bachmut, al centro dello schieramento, i combattimenti in città continueranno finché ai difensori potranno essere garantiti i rifornimenti. Una sortita ucraina notturna ha infatti allontanato le Z truppen dall’autostrada T05054, purtroppo soltanto dopo che i russi avevano fatto saltare con l’artiglieria uno dei suoi ponti. Così continua la battaglia del Paese dei Girasoli contro l’espansione del suo vicino, nella consapevolezza che meno Russia equivale a più pace. di Camillo Bosco

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