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ritirata russa da cherson

Ritirata russa da Chersòn

Il generale Surovikin suona la ritirata russa da Chersòn mentre Putin spera di non rimanere invischiato nel fallimento
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Ritirata russa da Chersòn

Il generale Surovikin suona la ritirata russa da Chersòn mentre Putin spera di non rimanere invischiato nel fallimento
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Il generale Surovikin suona la ritirata russa da Chersòn mentre Putin spera di non rimanere invischiato nel fallimento
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Il generale Surovikin suona la ritirata russa da Chersòn mentre Putin spera di non rimanere invischiato nel fallimento
Il missile più potente lanciato finora dal generale Sergej “Humpty Dumpty” Surovikin non ha colpito un’infrastruttura ucraina ma è stato lanciato al cuore dell’orgoglio russo. Il suo sguardo è serio e impassibile quando prende la parola. «Compagno ministro della Difesa – dice rivolgendosi al tuvano Sergej Šojgu – dopo un’analisi complessiva della situazione attuale, suggeriamo di attestare le nostre difese lungo la riva Est del fiume Nipro». È come se le centinaia di missili Himars sparati dagli ucraini negli ultimi mesi nella regione di Chersòn si fossero schiantati di nuovo e tutti assieme. Parliamo di quelli piovuti sulle unità di Vdv (paracadutisti russi) e di mobiki (soldati mobilitati donbasiani) sulla linea di contatto con le forze ucraine; di quelli che hanno reso inutilizzabile il ponte Antonivskyi e il ponte di Nova Kachovka; di quelli che hanno liquidato la sede dell’amministrazione degli occupanti russi insediatasi nel Tribunale di Chersòn e di molti altri scagliati nella quotidianità della guerra. Non per nulla, a questo punto il generale si prende un momento di pausa per far incassare il colpo. Nel frattempo indica sulla mappa alla sua destra la zona dove dovrebbe avvenire il ripiegamento, nel caso vi fossero dubbi su quale parte intendesse. «Non è una decisione semplice – continua il comandante in capo delle Z truppen – ma allo stesso tempo dobbiamo soprattutto preservare le vite dei nostri soldati e in generale lo stato di efficacia combattiva delle nostre forze. Tenerle in una sola porzione della riva Ovest è vano». L’ipocrisia riguardo le vite dei soldati è notevole. Un vero pianto di coccodrillo, dopo che nei giorni scorsi un numero imprecisato (seppur intorno alle centinaia) di soldati mobilitati russi è stato fatto a pezzi nella città di Snihurivka, cioè uno degli avamposti più avanzati rimasti agli zetisti. Dove sventolava la Z ora garrisce il bicolore ucraino. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “CRONACHE DI GUERRA” La distanza temporale fra la perdita della cittadina e l’annuncio è così breve da far sospettare una forte correlazione tra i due eventi, come se lì l’esercito del Paese dei Girasoli sia riuscito a infliggere la sconfitta che ha convinto definitivamente il comando russo a sloggiare. Surovikin però rimane ottimista. «In questo modo una parte delle unità saranno di nuovo libere di intraprendere nuove azioni, anche offensive, nelle altre direzioni dell’Operazione militare speciale». Non serve avere esperienza di battaglia per immaginare con quale morale quei soldati affronteranno i nuovi ordini, se davvero non ritireranno quelle unità sbrindellate per ricostituirle. L’ex infartuato Šojgu non fa una piega, quantomeno davanti alle telecamere di “Russia Today” che riprendono il momento fatidico, nonché umiliante. «Sergej Vladimirovič sono d’accordo con le tue conclusioni e i tuoi suggerimenti». Così Chersòn tornerà in mano ucraina senza ulteriori devastazioni e spargimenti di sangue, ma Cirillo Stremousov – vice responsabile del governo collaborazionista della regione – non potrà dolersene: è infatti morto a Heničes’k in un incidente stradale. In sua assenza, i russi comuni hanno invece attinto alla loro riserva di contumelie, qui irriferibili per scurrilità, per commentare sui social il nuovo “gesto di buona volontà” del loro esercito. E il criminale Putin? A lui non piacciono le brutte notizie né esserne associato. Oggi è in tv, ma per un incontro con Veronika Skvortsova, capo dell’Agenzia federale biomedica russa, nella speranza che il missile di questo fallimento non colpisca anche lui. Di Camillo Bosco

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