Sotto gli occupanti russi ruberie e torture
Sotto gli occupanti russi ruberie e torture
Sotto gli occupanti russi ruberie e torture
Kharkiv – Velykyi Burluk è un insediamento urbano situato a una trentina di chilometri stradali dalla Federazione Russa. Percorrerli richiede un’ora buona e per spiegarne le ragioni anche a chi non vi sia mai stato basta dire che “Velykyi Burluk” significa letteralmente “grande palude”. Alina si trovava lì quando la città è stata occupata dai russi. È stata una delle poche persone che, anziché scappare verso zone più centrali e occidentali dell’Ucraina, da Kharkiv hanno percorso il tragitto inverso che portava dritti alla linea di contatto con i russi. Un centinaio di chilometri, percorsi in macchina vedendo elicotteri e aerei volare bassi sopra di lei. Poco prima di raggiungere la sua città natale, ad Alina è stato chiesto da molti soldati russi – che riferivano d’esser giunti lì partendo da Donetsk per eseguire un ordine ricevuto solo poche ore prima – se sapesse di trovarsi in un “territorio occupato” che da quel momento in poi sarebbe stato parte della Federazione Russa.
Inizialmente colpita nel vedere i soldati nemici issare le bandiere russe ai checkpoint e poi cercare di pagare in hrivnie (la moneta ucraina) qualcosa da mangiare nei negozi locali, Alina è poi stata testimone di frequenti saccheggi e rapimenti. Le modalità erano sempre le stesse: irruzione improvvisa, un sacchetto nero in testa e via. Spariti. La maggior parte di coloro che sono stati rapiti è poi stata interrogata sotto tortura. Qualcuno non è mai tornato. Poteva accadere per diversi motivi: principalmente per l’ossessione russa di scovare cecchini e soldati in borghese, ma anche per convincere persone influenti e opinion leader locali (sindaci e consiglieri ad esempio, come pure semplici amministratori condominiali) a passare dalla loro parte, consegnando quanti più nominativi possibili di altri ucraini. Così è accaduto il 17 marzo a Viktor Tereshchenko, capo della comunità di Velykyi Burluk, che ha resistito così tanto da finire in ospedale per diverso tempo.
LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI DI “CRONACHE DI GUERRA”Per un mese e mezzo Alina ha visto persone sparire, magazzini depredati, contadini derubati delle proprie bestie, uccise spesso di fronte a loro il più delle volte per fame. Molte persone riferiscono di soldati russi entrati nelle abitazioni con la scusa di perquisirle ma ridotti infine a chieder loro qualcosa da mangiare. Altri ancora raccontano d’esser stati accompagnati sino a casa dai soldati per un rotolo di carta igienica o una scatoletta di carne.
Molte volte, pur di ricevere qualcosa in cambio, i soldati russi promettevano medicine che non sarebbero mai arrivate. È accaduto anche ad Alina, che di alcuni farmaci aveva realmente bisogno. Tanto da indurla a forzare per due volte i posti di blocco, pur di uscire dall’assedio. Caricata l’auto di tutte le provviste a disposizione e di qualche stecca di sigaretta recuperata all’ultimo minuto, al terzo tentativo Alina è riuscita a convincere i soldati al checkpoint ad accettare il baratto di tutte quelle cose in cambio della propria libertà. Qualche mese dopo, a luglio, i partigiani locali avrebbero ucciso con un’autobomba il leader filorusso locale, aprendo la strada alla liberazione di Velykyi Burluk, avvenuta lo scorso 11 settembre.
di Giorgio ProvincialiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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