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Russia

Sia la Russia a cessare il fuoco

Emerge la necessità d’intraprendere ulteriori e più stringenti misure economiche contro la Russia

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Sia la Russia a cessare il fuoco

Emerge la necessità d’intraprendere ulteriori e più stringenti misure economiche contro la Russia

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Sia la Russia a cessare il fuoco

Emerge la necessità d’intraprendere ulteriori e più stringenti misure economiche contro la Russia

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Emerge la necessità d’intraprendere ulteriori e più stringenti misure economiche contro la Russia

Sumy – Tutti i luoghi da cui mi sono collegato nelle scorse ore con Alla Perdei per realizzare le riprese video per questo giornale sono oggetto di violentissimi bombardamenti a tappeto. A pochi minuti dal luogo in cui scrivo, nell’arco d’una settimana i russi hanno cancellato il villaggio di Velyka Pisarivka dalla faccia della Terra, tempestandolo di colpi d’artiglieria e bombe aeree sganciate dall’aviazione. Per restituire ai lettori una misura dello sfacelo ma anche dell’importanza dei sistemi difensivi come i Patriot o il Samp-T (donato da Italia e Francia all’Ucraina molti mesi fa) basta ricordare che in meno di tre mesi, dall’inizio del 2024, i russi ne hanno sganciate più di 3.500. Duecento di esse hanno colpito in una sola settimana la regione di Sumy. Parliamo d’ordigni che contengono da 500 a 1.500 kg d’esplosivo, come le Fab-1500-m54 che hanno avvolto in una palla di fuoco un palazzo di venti piani nella zona residenziale di Krasnohorivka, riducendolo in cenere. Solo nelle ultime 24 ore, nell’oblast’ da cui scrivo si sono verificate 486 esplosioni in 83 raid, che hanno coinvolto quasi 50 insediamenti. Colpi tanto violenti da far tremare i muri anche a distanza di qualche chilometro continuano a scandire il tempo anche della parte opposta del Paese.

A Mykolaiv, un attacco missilistico russo ha provocato 6 feriti, danni a infrastrutture civili e a diverse vetture mentre il numero dei feriti a seguito dell’attacco missilistico russo su Odessa è salito a 73 e quello dei morti a 20. Ogni ora anche quel bilancio sale, perché i russi continuano a bersagliare con droni e missili Onyx anche gli ospedali e perfino i soccorritori mentre prestano i primi aiuti sul luogo dell’impatto.

A chi andrebbero indirizzati gli appelli alla pace e al far tacere le armi, qui è del tutto evidente. Come infatti sottolineato ieri dal ministro degli Esteri Kuleba nel corso della conferenza stampa coi giornalisti, «nessuno quanto noi vuole la pace ma noi non abbiamo attaccato nessuno e non abbiamo altra scelta che difenderci». Farlo sarà sempre più difficile, perché secondo le stime di “The Telegraph” entro la fine del mese l’Ucraina finirà i missili antiaerei per proteggere le sue città. Ciò significa che le risorse verranno riallocate in modo da poter abbattere un solo missile su cinque e non più quattro, come accade mediamente ora. Entro 4-5 mesi, invece, Mosca disporrà d’abbastanza droni Fpv (ai quali è quasi impossibile sfuggire) per attaccare ogni soldato ucraino in prima linea. Si tratta di dispositivi letali in grado di puntare il bersaglio anche con dispositivi di rilevamento termico, inseguendolo poi fino a impattargli contro. In campo aperto le armi leggere o automatiche quasi nulla possono contro quel tipo di minaccia.

Emerge dunque la necessità d’intraprendere ulteriori e più stringenti misure economiche contro lo Stato aggressore, la cui economia interna è ormai votata prevalentemente alla Difesa. Da parte sua, l’industria ucraina ha compiuto un autentico miracolo perché in pochi mesi è riuscita a coprire internamente buona parte delle richieste in ambito difensivo. Il think tank “TopLead” stima infatti che la macchina bellica ucraina sia ora in grado di produrre, riparare e mantenere equipaggiamenti e armi per un volume d’ordini pari a 18 miliardi l’anno, di cui però il governo riesce tuttavia a coprire solo il 51,1%.

A livello ingegneristico e d’intelligence militare, Kyiv ha dimostrato di poter competere con chiunque. Basti pensare agli attacchi compiuti coi propri droni nel solo mese di marzo, che hanno ridotto di ben il 13% le capacità nemiche di raffinazione del petrolio. Secondo “Reuters” i volumi d’ammanco causati dall’inattività delle raffinerie russe hanno raggiunto i 3,5 milioni di tonnellate: una cifra dieci volte superiore rispetto ai due anni precedenti. Gli attacchi agl’impianti delle regioni di Samara, Belgorod Kursk, Krasnodar, Rostov, Leningrado, Ryazan, Nizhny Novgorod, Yaroslav e Oryol hanno ridotto di 77,4 mila tonnellate al giorno la capacità produttiva di combustibile della Federazione Russa, indicando come sia stata vincente anche la recente decisione ucraina di non coordinarsi più con nessuno riguardo gli attacchi contro quest’ultima.

di Giorgio Provinciali

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