Sparano su asili e ospedali
Zhytomyr – Alcune aree della città colpite sono tuttora ridotte a un cumulo di macerie, indistintamente tra centro e periferia. Anche la scuola elementare e l’ospedale
Sparano su asili e ospedali
Zhytomyr – Alcune aree della città colpite sono tuttora ridotte a un cumulo di macerie, indistintamente tra centro e periferia. Anche la scuola elementare e l’ospedale
Sparano su asili e ospedali
Zhytomyr – Alcune aree della città colpite sono tuttora ridotte a un cumulo di macerie, indistintamente tra centro e periferia. Anche la scuola elementare e l’ospedale
Zhytomyr – Alcune aree della città colpite sono tuttora ridotte a un cumulo di macerie, indistintamente tra centro e periferia. Anche la scuola elementare e l’ospedale
Zhytomyr – Erano le 5:40 del 24 febbraio 2022 quando i primi Iskander 9K720 russi sparati dalla Bielorussia colpivano la base aerea di Ozerne. Tre giorni dopo gli stessi vettori bersagliavano l’aeroporto civile, e altre decine d’infrastrutture non militari tra cui l’ospedale, una decina di palazzi residenziali, la clinica ostetrica e pediatrica e la scuola elementare. Dallo scorso ottobre e per tre mesi di fila, i russi hanno costantemente bombardato le infrastrutture energetiche di Zhytomyr, causando continui blackout elettrici e crisi idriche per mettere in ginocchio la popolazione.
Alcune aree della città sono tuttora ridotte a un cumulo di macerie, indistintamente tra centro e periferia. Ancora una volta, è del tutto evidente che gli ingegneri militari russi abbiano impostato le coordinate di quei vettori su alcuni obiettivi che avrebbero forse potuto avere valore strategico in epoca sovietica ma oggi sono parzialmente o del tutto inutilizzati, mentre in altri casi è eclatante l’intenzione di colpire obiettivi civili.
La scuola elementare era in uso sino al momento in cui è stata colpita, e sulla sua facciata esterna era scritto a chiare lettere Діти, cioè “bambini”. Siamo entrati in quei luoghi devastati dalla furia rascista, e abbiamo effettuato alcune riprese disponibili sul sito de “La Ragione”. Come ben visibile da quelle immagini, a terra sono ancora presenti le scarpe spaiate dei bambini, i loro quaderni, i disegni colorati sui muri e i registri scolastici che riportano date e riferimenti inequivocabili. All’interno della struttura colpita non si trovava alcun obiettivo militare.
La violenza di questi attacchi ha provocato a Zhytomyr almeno una quarantina di morti e più di 330 feriti. Facendoci strada tra i detriti a terra e i vetri rotti, abbiamo trovato libri di testo le cui pagine erano intrise di sangue, giocattoli, origami di cartoncino colorato usati per insegnare l’inglese ai piccoli, sciarpette e guantini di lana, tasselli di puzzle, grembiulini, sedie e banchi divelti a misura d’un bimbo di non più di dieci anni.
I soffitti dei piani superiori sono completamente distrutti: l’onda d’urto ha spazzato via ogni cosa, tanto che per abbiamo trovato due scarpette spaiate una all’ultimo piano e l’altra a terra, accanto a un orologio da parete fermo sull’ora dell’impatto. Abbiamo visitato quel che resta della palestra in cui veniva insegnata l’educazione fisica ai bambini: erano presenti ancora i birilli e altri strumenti usati a scopo ludico. Dalle panche agli spogliatoi, tutto è a misura di bambino. Un grande mosaico è miracolosamente rimasto integro sull’unica parete dell’aula magna rimasta in piedi: di fronte sono ancora disposti quei pochi banchi e sedie che l’Iskander arrivato dalla Bielorussia non ha distrutto. Accanto alla struttura scolastica si trova una chiesa, e tutt’intorno vi sono solo infrastrutture ad uso civile e abitativo.
Impostando quelle coordinate dunque, intenzionalmente si volevano colpire proprio quegli obiettivi. Siamo stati nella clinica prenatale e ostetrica: anch’essa è lì da decenni, così come l’ospedale. I russi hanno deliberatamente colpito i malati, i più piccoli e indifesi, le madri incinte. Ciò che abbiamo visto rivela il metodo criminale con cui, attraverso il continuo tormento, viene scientemente minata l’esistenza stessa di un popolo.
di Alla Perdei e Giorgio Provinciali
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