Kyiv, strage di innocenti
L’epicentro dell’attacco terroristico russo è stato Kyiv, dove i criminali agli ordini di Putin hanno compiuto una strage sparando un missile X-101
Kyiv, strage di innocenti
L’epicentro dell’attacco terroristico russo è stato Kyiv, dove i criminali agli ordini di Putin hanno compiuto una strage sparando un missile X-101
Kyiv, strage di innocenti
L’epicentro dell’attacco terroristico russo è stato Kyiv, dove i criminali agli ordini di Putin hanno compiuto una strage sparando un missile X-101
L’epicentro dell’attacco terroristico russo è stato Kyiv, dove i criminali agli ordini di Putin hanno compiuto una strage sparando un missile X-101
Kyiv – All’indomani del secco diniego dell’elettorato francese a consegnare il proprio Paese a un governo apertamente filorusso e della visita a Mosca del più putiniano fra i leader europei, il dittatore russo ha risposto alle proposte di tregua con uno dei più violenti e barbari attacchi all’Ucraina dall’inizio della guerra. 38 missili di vario tipo hanno bersagliato ieri tutto il Paese. Nonostante l’Ucraina avesse appena ricevuto il suo terzo sistema antiaereo Patriot tedesco, fermare quella devastante pioggia di fuoco è stato impossibile.
L’epicentro dell’attacco terroristico russo è stato la Capitale, dove i criminali agli ordini di Putin hanno compiuto una strage sparando un missile X-101 (non un Kinzhal, come ho sentito riferire da altri colleghi in collegamento con l’Italia) contro l’ospedale oncologico pediatrico “Okhmadyt”. Lì si trovavano ricoverate centinaia di bambini ucraini perché, oltre alle cure chemioterapiche, nel suo reparto di terapia intensiva era possibile anche effettuare la dialisi. Il risultato è stato una carneficina: tutta l’ala del complesso ospedaliero che dava sull’ingresso in via Sirka è crollata, inghiottendo sotto una valanga di detriti decine di medici, infermieri, degenti e visitatori. I passanti accorsi hanno subito formato assieme ai medici rimasti superstiti una catena vivente tanto lunga da raggiungere il lato opposto del viale, consentendo così la rimozione immediata dei calcinacci.
Il bilancio provvisorio alla consegna di questo articolo è di 22 morti e 96 feriti (fra cui almeno una decina sono bambini piccoli) ma, stando a quanto hanno riferito alcuni colleghi della prima emittente televisiva ucraina, almeno due dei feriti gravi che sono stati trasportati d’urgenza in un altro ospedale di Kyiv sarebbero morti. Almeno 56 persone sono state trasferite per ricevere ulteriori cure, mentre le rimanenti sono state medicate sul posto. Mentre ciò avveniva, altre esplosioni hanno continuato a susseguirsi tanto da lasciar intendere un devastante double tap, che avrebbe comportato altre centinaia di vittime. Nonostante ciò, i soccorritori hanno proseguito nel loro lavoro supportati da una quantità impressionante di civili e militari accorsi sul posto. L’obiettivo era salvare più vite possibile, noncuranti del fatto che essi stessi di lì a poco avrebbero potuto rimanere vittime d’un secondo attacco russo (come molte altre volte è accaduto).
Nell’attacco i russi hanno gravemente danneggiato o completamente distrutto altre tre sottostazioni energetiche del gruppo “Dtek”, situate nei distretti di Holosiivskyj e Shevchenkivskyj della Capitale. Fra gli altri bersagli di quei missili c’erano la popolazione civile ucraina della città di Dnipro (dove i russi hanno parzialmente distrutto un grattacielo, un’impresa commerciale e una stazione di servizio uccidendo almeno un uomo e ferendone sei), di Kryvyj Rih (dove un violento attacco contro le infrastrutture amministrative ha provocato almeno 12 morti e 47 feriti) e poi di Sloviansk, Kramatorsk e Pokrovsk, dove si parla d’almeno tre morti. Il numero complessivo – largamente provvisorio – di questo inizio settimana intriso di sangue innocente è di oltre duecento vittime.
Dopo aver visto sparare così barbaramente contro bambini già abbastanza colpiti dalla vita, dopo averne visti decine senza capelli finire il ciclo di chemioterapia con la flebo al braccio mentre i russi continuavano a sparargli contro e dopo aver visto così tanto sangue scorrere fra le macerie da intridere i camici degli operatori sanitari disperati che tentavano di strappare anime innocenti alla morte, vien da chiedersi quante volte ancora dovremo sentir soffocati gli appelli di questo popolo e del suo presidente (l’ultimo nelle scorse ore, con la richiesta di convocare il Consiglio di sicurezza dell’Onu) da quel ‘timore di un’escalation’ di cui francamente s’inizia a non comprendere più il significato.
di Giorgio Provinciali
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