Syrskyj al posto di Zaluzhnyj
Il cambio di rotta ucraino che porta il nome di Oleksandr Syrskyj incarna la chance di omologare una linea dura e risoluta di Zelensky su tutto il fronte
Syrskyj al posto di Zaluzhnyj
Il cambio di rotta ucraino che porta il nome di Oleksandr Syrskyj incarna la chance di omologare una linea dura e risoluta di Zelensky su tutto il fronte
Syrskyj al posto di Zaluzhnyj
Il cambio di rotta ucraino che porta il nome di Oleksandr Syrskyj incarna la chance di omologare una linea dura e risoluta di Zelensky su tutto il fronte
Il cambio di rotta ucraino che porta il nome di Oleksandr Syrskyj incarna la chance di omologare una linea dura e risoluta di Zelensky su tutto il fronte
Kyiv – Mantenere il contatto con la realtà in tempo di guerra è un imperativo inderogabile per chi dà gli ordini e combatte ma anche per i cronisti. Per queste ragioni, mentre il resto della stampa nazionale italiana elucubrava plot da soap opera in base a rilanci d’agenzia, noi abbiamo scelto di percorrere nel fango e nella neve tutti i 2mila chilometri d’una linea di fronte variegata e tutt’altro che in stallo.
Non s’è trattato d’uno di quei tour guidati da fixer e sherpa vari come tanti ne abbiamo visti fare ma di vivere a contatto quotidiano con soldati e civili, parlando la loro stessa lingua e comprendendone esigenze e aspettative. Incrociare più d’una volta il presidente Zelenskyj a ground zero ci ha fatto capire che le sue scelte sono ragionate sulla base di quegli stessi, imprescindibili elementi. Non ci ha dunque sorpreso la sua decisione di convocare il Capo di Stato maggiore per concordare con lui una strategia di rottura e rinnovamento in base a esigenze diverse da quelle passate.
La linea di fronte da noi vissuta è molto eterogenea. A Nord-Nord-Est, nelle regioni di Chernihiv e Sumy, è coriaceo il sentimento partigiano di chi si sentì tradito da amministrazioni distrettuali, polizia ed esercito che, arretrando, lasciarono invadere e occupare quei territori allora poco difesi in cui tuttora ci si misura con le ДРГ, cioè quei gruppi di sabotatori russi che da due anni penetrano le zone di confine seminando il panico (noi stessi abbiamo scampato un loro agguato, costato la vita a due civili). A Est, scendendo dall’oblast’ di Luhansk a quella di Donetsk abbiamo registrato rispettivamente feedback contrastanti, che vanno dalla stanchezza di chi auspica un turnover all’incredibile motivazione di chi ha fatto della guerra la propria arte e ragione di vita pur di cacciare l’invasore russo. A Sud ci ha impressionato l’eccezionale resilienza di quei soldati che, pur disponendo di risorse limitate rispetto ai russi, vi s’oppongono con una risolutezza tale da farli arretrare tanto da guadagnare preziose posizioni.
La frase «Voglio che la visione della guerra sia la stessa per i nostri uomini che combattono a Robotyne, Avdiivka e per la difesa di tutto il Paese» pronunciata giovedì da Zelenskyj si colloca dunque perfettamente nel quadro appena descritto, lasciando intendere che egli abbia una chiara visione d’ogni centimetro di quei 2mila chilometri di fronte. È infatti apparso chiaro anche a noi che le necessità e i mezzi odierni non coincidano più con quelle di due anni fa e il fatto che Zelenskyj si sia confrontato con Zaluzhnyj per trovare una soluzione è un esempio di lungimiranza e democrazia. Da quel confronto (e non da uno scontro) è concordemente uscito il nome di Oleksandr Syrskyj, che incarna la chance d’omologare una linea dura e risoluta a tutto il fronte, conformandola alle attuali necessità di difesa e d’attacco. Insignito ad aprile 2022 del titolo d’Eroe dell’Ucraina, fu infatti lui a coordinare quelle operazioni di difesa della Capitale che portarono alla prima e più grande sconfitta russa ma anche quelle di controffensiva che permisero di liberare l’oblast’ di Kharkiv (fu sua l’intuizione di distogliere il nemico a Sud-Ovest sul fronte di Kherson, per poi attaccare a Nord-Est).
Parliamoci chiaro: il largo consenso espresso a Zaluzhnyj rispecchia la fiducia verso le Zsu e questo è un dato positivo. Il suo talento è indiscusso ma credere che nessun soldato o civile ne critichi l’operato è pura fantasia. Tra quelli da noi incontrati, diversi gli hanno riservato stoccate pungenti, com’è fisiologico e comprensibile in guerra. Basti pensare che fu scelto da Zelenskyj il 27 luglio 2021, quando l’imperativo era difendere ogni centimetro d’un Paese intorno al quale si stringevano centinaia di migliaia di russi per invaderlo. Chi ha partecipato alla liberazione d’Izium e Balakliia parla molto bene di Syrskyj, mentre chi, ai suoi ordini, partecipò alla sanguinosa difesa a oltranza di Bakhmut gli riserva feedback certamente meno positivi.
Senza tali disposizioni, tuttavia, molte delle città da cui abbiamo scritto (Chasiv Yar, Kostiantinivka e Kramatorsk, per dirne alcune) oggi sarebbero forse già perse. Evitare la stagnazione e trovare soluzioni tecnologiche funzionali che consentano di bloccare l’avanzata russa riportando l’iniziativa in mano ucraina è oggi prioritario. Per farlo, servono dunque l’esperienza di Zaluzhnyj (che resterà in squadra) e il piglio di Syrskyj, da lui stesso suggerito come suo successore.
di Alla Perdei e Giorgio Provinciali
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Tag: guerraucraina
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