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Tutto il male in mostra

Nell’istituto ucraino della Memoria nazionale è raccolta tutta la storia dolorosa dell’Ucraina
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Nell’istituto ucraino della Memoria nazionale è raccolta tutta la storia dolorosa dell’Ucraina
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Nell’istituto ucraino della Memoria nazionale è raccolta tutta la storia dolorosa dell’Ucraina
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Nell’istituto ucraino della Memoria nazionale è raccolta tutta la storia dolorosa dell’Ucraina

Chernivtsi – L’esposizione a cielo aperto intitolata “communism = rashiZm”, allestita dall’Archivio di Stato dell’Istituto ucraino della Memoria nazionale, richiama ogni giorno centinaia di visitatori incuriositi dalle gigantografie che spiccano per le strade delle principali città ucraine. «Nel 2022 gli ucraini hanno appreso appieno la vera essenza del concetto russo di russkiy mir. Quest’ideologia si può riassumere in una parola: rascismo» recita il primo grande cartello, descrivendo un termine ormai d’uso comune, coniato dopo l’invasione su larga scala del Paese e ufficializzato lo scorso 3 maggio dalla Verkhovna Rada (il Parlamento ucraino, ndr.) per identificare l’ideologia e le pratiche sociali antioccidentali, ultranazionaliste e antidemocratiche culminate nel putinismo: рашиZм (scritto con la Z in evidenza e la “и” russa anche in ucraino, traslitterato rascismo in italiano e rashiZm in inglese), combina le parole “russo” e “fascista”, in modo da richiamare anche il termine “razzista”.

A riprova del fatto che tale fenomeno affonda le proprie radici nel comunismo, la mostra traccia simmetrie e parallelismi fra quegli eventi storici a cavallo di due secoli che hanno portato per ben due volte al genocidio del popolo ucraino: l’holodomor nei primi anni Trenta e quello attuale. Chiese, musei, scuole e ospedali distrutti; rapimenti, stupri, deportazioni di massa, il furto del grano, la fame, il freddo: «Possiamo farlo ancora» dissero i russi 16 mesi fa. E lo fecero. Allestita nella Repubblica ex sovietica che più di tutte patì tali abomini, la mostra invita a non dimenticare la Storia per non esser condannati a riviverla.

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Mykhailo Ratushnyak fu deportato nel 1937 nei campi dell’Nkvd, incolpato d’essere un kulako, cioè un contadino proprietario di diversi appezzamenti terrieri: vale a dire un nemico dello Stato, dopo la collettivizzazione. Morì nel 1942 a Khabarovsk Krai (Russia) e la moglie ricevette a 97 anni la sua riabilitazione postuma. Anche Oleksandr Kononov era un contadino. Privo d’un braccio e una gamba, dedicava la sua vita a coltivare i propri campi. Nel 2014 fu rapito e ucciso dai russi, che occuparono le sue terre. Fedir Stepanenko dirigeva la scuola di Plokhanivka, nella regione di Kyiv. Quando fu arrestato nel 1938 dall’Nkvd con l’accusa di leaderismo e antisovietismo, dissero alla famiglia che l’avrebbero deportato in un gulag in Siberia. Solo nel 2021 si seppe che fu invece subito fucilato. Natalya Kosova era una direttrice di scuola esemplare, insignita del titolo di “persona dell’anno” come eccellenza in ambito scolastico in Ucraina. Volle rimanere sino all’ultimo coi suoi alunni e l’anno scorso è morta nel bombardamento di Henichesk (Kherson oblast’ tuttora occupata). Volodymyr Symyrenko era uno scienziato talentuoso. Un nemico del popolo per l’Nkvd, che lo uccise nel 1938 con l’accusa di cospirare contro l’Urss. Anche Vasyl Kladko era uno scienziato. Eccelse negli studi delle nanostrutture di semiconduttori. Fu ucciso dagli occupanti il 13 marzo 2022, di fronte a casa. Natalyia Dmytrah e Olga Sukhenko erano entrambe sindaci: morirono una nel 1950 per mano della polizia segreta e l’altra nel 2022, torturata e poi massacrata da altri soldati russi. Yosyp Boltovsky, mezzadro di Mykolaiv, fu espropriato d’ogni avere e fucilato nel 1938. Oleh Haydabura, agricoltore di Poltava, fu massacrato dalla medesima mano russa che 84 anni dopo si è posata su quelle stesse terre.

di Giorgio Provinciali

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