Da Reagan a Bombolo, il disastro dei Repubblicani in America
| Esteri
La storia passata degli Stati Uniti è un reticolo di disastri, e non solo per i Repubblicani. Il lascito di Reagan e Lincoln si è trasformato in un personaggio molto simile a Bombolo a forza di schiaffi politici.
Da Reagan a Bombolo, il disastro dei Repubblicani in America
La storia passata degli Stati Uniti è un reticolo di disastri, e non solo per i Repubblicani. Il lascito di Reagan e Lincoln si è trasformato in un personaggio molto simile a Bombolo a forza di schiaffi politici.
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Da Reagan a Bombolo, il disastro dei Repubblicani in America
La storia passata degli Stati Uniti è un reticolo di disastri, e non solo per i Repubblicani. Il lascito di Reagan e Lincoln si è trasformato in un personaggio molto simile a Bombolo a forza di schiaffi politici.
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Guardando alla storia passata degli Stati Uniti, nelle bocciature a ripetizione del repubblicano Kevin McCarthy a speaker della Camera per mano d’un manipolo di suoi stessi compagni di partito non si trova nulla di buono e non solo per i Repubblicani. L’ultima volta, infatti, che negli Usa si era assistito a qualcosa di simile correva l’anno 1859, ovvero la vigilia di quella che poi passerà alla storia come la Guerra civile americana (o di secessione).
Certo, cercare scaramanzie nella storia non è abitudine razionale ma un provare a spiegare, politicamente, cosa stia succedendo al Grand Old Party (Gop) che fu di Lincoln. Com’è possibile che in soli quarant’anni i Repubblicani siano passati dalla rivoluzione liberale e liberista di Ronald Reagan – l’uomo che sconfisse l’Unione Sovietica senza sparare un colpo – al trasformare in Bombolo, a forza di schiaffi politici, un loro candidato a speaker della Camera? La risposta più ovvia sarebbe scaricare tutta la colpa di questa metamorfosi sul trumpismo, un populismo sfrenato e del leader che ha cambiato il volto del Gop. In politica, però, una risposta facile non basta a capire i fatti e cosa non vada. Dagli anni rampanti di Ronald Reagan, infatti, i Repubblicani di cambiamenti ne hanno avuti diversi e Donald Trump incarna – anche per il carisma del personaggio – soltanto l’ultimo e il più grande di questi, per giunta in tempi in cui la disaffezione degli elettori verso la politica e il voto, nelle democrazie occidentali, va crescendo.
Un primo mutamento, di linguaggio e di cultura politica, i Repubblicani lo hanno vissuto con Newt Gingrich, presidente della Camera dei rappresentanti dal 1995 al 1999. Fu lui l’ideatore del “Contratto con l’America”, una trovata che di fatto alzava il tasso politico populista a discapito di quello tradizionale. Quella sua intuizione diventerà in seguito, nel linguaggio di Donald Trump, uno slogan ancora più populista e “urlato”, fatto di quattro parole: «Make America Great Again».
Anni dopo il contratto con gli americani un altro fenomeno attraverserà i Repubblicani, quello dei “Tea Party”, un movimento concentrato soprattutto su un solo argomento, quello fiscale, per sottolineare che gli americani sono già abbastanza tassati («Taxed already enough») e che i tributi vanno abbassati. Al di là dell’argomento però, la peculiarità di questo movimento – populista anch’esso – era quella di vedere con un certo disgusto la mediazione politica, preferendole la radicalità delle posizioni. Solo in quest’ottica si spiega, nel 2008, la decisione del candidato repubblicano alle presidenziali John McCain (politico estraneo al populismo) di scegliere come sua vice Sarah Palin, oggi schierata con Donald Trump. E proprio l’avversione alla mediazione politica (in nome di non si sa quale unanimismo) è la ragione delle labbrate recenti a McCarthy, con bocciature plurime votate da un gruppo di suoi compagni di partito. Il risultato è un disastro politico: in una nazione per nulla gattopardesca come gli Stati Uniti questo “tutto cambi” nei Repubblicani, anno dopo anno, ha portato a cambiar tutto davvero.
Anzi, peggio: a mandare in tilt il partito che fu di Lincoln.
di Massimiliano Lenzi
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