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Desaparecidos, 14 madri contro un regime

Desaparecidos, inghiottiti dal mostro che in quel momento sta governando l’Argentina: la dittatura del generale Videla

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Desaparecidos, 14 madri contro un regime

Desaparecidos, inghiottiti dal mostro che in quel momento sta governando l’Argentina: la dittatura del generale Videla

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Desaparecidos, inghiottiti dal mostro che in quel momento sta governando l’Argentina: la dittatura del generale Videla

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Desaparecidos, inghiottiti dal mostro che in quel momento sta governando l’Argentina: la dittatura del generale Videla

Quattordici donne si sono date appuntamento il 30 aprile 1977 in Plaza de Mayo, davanti alla Casa Rosada, il palazzo presidenziale argentino a Buenos Aires. Sono lì e camminano a braccetto, con un fazzoletto bianco intorno al capo e delle foto in mano. A capo di quel piccolo corteo c’è Azucena Villaflor de De Vincenti. Cinque mesi prima la polizia del regime ha bussato alla sua porta e portato via suo figlio Nestor con la fidanzata Raquel. Quando la donna si è recata al Ministero dell’Interno per sapere che fine avessero fatto, le è stato detto che erano stati rilasciati. Ma non era vero, erano spariti. Desaparecidos, inghiottiti dal mostro che in quel momento sta governando l’Argentina: la dittatura del generale Videla.

La signora Villaflor de De Vincenti ha scoperto presto di non essere la sola ad aver vissuto un simile destino. Altre madri stanno cercando invano i loro ragazzi, divenuti improvvisamente dei fantasmi. Ed eccole lì, tutte insieme in quel giorno di fine aprile a chiedere giustizia dinanzi al luogo simbolo del regime. Un manipolo di donne che stanno combattendo una guerra non voluta: la ‘guerra sporca’ messa in atto dai vertici del potere argentino contro chiunque osi ribellarsi. Camminano intorno alla piazza e lo fanno ancora il venerdì successivo. Poi ogni giovedì, per mesi, per anni. E purtroppo il loro numero aumenta sempre di più. Il grido di giustizia delle “madri di Plaza de Mayo” arriva ben presto in tutto il mondo. E qualcuno lo ascolta. Si tratta del vice console italiano a Buenos Aires: Enrico Calamai. È giunto in Argentina dal Cile, dove ha prestato servizio nel periodo in cui era salito al potere il generale Augusto Pinochet. Ha toccato con mano gli orrori della tirannide e non si è tirato indietro, riuscendo a far liberare 412 italiani incarcerati a Santiago con l’accusa di cospirazione contro il regime.

Quando Videla prende il potere in Argentina, Calamai anche questa volta decide di agire. Con l’aiuto del giornalista Giangiacomo Foà e del sindacalista Filippo Di Benedetto, sfrutta il proprio ruolo per far espatriare oltre 300 persone tutte finite nel mirino della polizia per le loro posizioni contrarie al potere, salvandole da un destino atroce: finire arrestate e deportate in campi di concentramento oppure gettate vive da aerei o elicotteri militari nel Rio de La Plata (pratica tristemente nota come “i voli della morte”). Accadrà purtroppo ad Azucena Villaflor de De Vincenti, la leader di Plaza de Mayo: arrestata il 10 dicembre 1977 – dopo che aveva fatto pubblicare sul giornale un annuncio con i nomi di tutti gli scomparsi nel corso di quei mesi – diverrà anch’essa desaparecida. Fino al 2005, quando l’esame di alcuni resti rinvenuti a largo delle coste argentine confermerà che anche lei era finita nell’Oceano.

Enrico Calamai, lo “Schindler di Buenos Aires”, verrà universalmente riconosciuto come un paladino dei diritti umani e sarà un testimone chiave nei processi contro i carnefici argentini. Dirà sempre che chiunque al suo posto avrebbe agito nello stesso identico modo. Jorge Rafael Videla verrà invece deposto nel 1981: condannato a due ergastoli per crimini contro l’umanità, finirà i suoi giorni in carcere. Intanto le “madri di Plaza de Mayo” hanno continuato a battersi in tutti questi anni per far luce su quel periodo buio della storia argentina. In nome di tutte quelle persone strappate alla vita e mai dimenticate. Affinché in qualche modo vivano per sempre.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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