Donatori e volontari italiani portano aiuti sanitari all’Ucraina
Donatori e volontari italiani portano aiuti sanitari all’Ucraina. Alcuni coraggiosi italiani riportano l’attenzione su iniziative importanti d’una guerra troppo taciuta nelle piazze del Bel Paese

Donatori e volontari italiani portano aiuti sanitari all’Ucraina
Donatori e volontari italiani portano aiuti sanitari all’Ucraina. Alcuni coraggiosi italiani riportano l’attenzione su iniziative importanti d’una guerra troppo taciuta nelle piazze del Bel Paese
Donatori e volontari italiani portano aiuti sanitari all’Ucraina
Donatori e volontari italiani portano aiuti sanitari all’Ucraina. Alcuni coraggiosi italiani riportano l’attenzione su iniziative importanti d’una guerra troppo taciuta nelle piazze del Bel Paese
Khmelnytskyj – Mentre l’attenzione della maggior parte dei media è concentrata sulla flottiglia intercettata in rotta verso Gaza dalla marina israeliana, un gruppo di volontari italiani s’è messo in marcia per raggiungere il fronte d’una guerra forse troppo taciuta nelle piazze del Bel Paese, portando aiuti umanitari concreti e realmente indispensabili.
Li abbiamo incontrati in una Khmelnytskyj che fin dall’inizio dell’invasione russa su vasta scala dell’Ucraina fu colpita da attacchi martellanti che causarono ripetute interruzioni di corrente e del servizio idrico in diverse aree, danneggiarono una decina di grattacieli e tre istituti scolastici, causando il ferimento di diversi civili e la morte d’un soccorritore.

Al seguito d’Antonino Alfio Moschetto, imprenditore italiano in Ucraina costretto poi alla fuga da quei bombardamenti, abbiamo conosciuto il dottor Marco Sarboraria, anestesista partito da Aosta con Silvio Gasparella e Roberto Sangiorgio, Carlo Ferrari di Firenze (che avevamo già incontrato nell’ambito di precedenti operazioni di supporto alla Resistenza ucraina), Gianpiero Cavarero di Cuneo e il piccolo Dante, figlio d’appena 4 anni di Moschetto e mascotte del gruppo. Guidavano un mezzo di supporto e 5 ambulanze acquistate grazie al generoso contributo d’associazioni come la Fondazione comunitaria della Val d’Aosta, il FORUM per i Diritti dei bambini di Chornobyl, Roberto Benelli e il Rotary Club Lunigiana Pontremoli, e le comunità parrocchiali ucraine in Italia che coordina padre Yuriy Ivanyuta.
Il motivo è semplice: come ben sa Moschetto – che oltre ad aver vissuto a lungo in questa città ha all’attivo più di 60 missioni umanitarie simili – Khmelnytskyj è stata pesantemente colpita dai russi proprio alle sue infrastrutture ospedaliere e l’emergenza che più in generale sta attraversando il sistema sanitario ucraino è tale da richiedere il dirottamento di molti mezzi e strumentazioni mediche verso le zone più vicine ai combattimenti. Con lui e il cappellano Vitalij Futorskyj, che coordina missioni umanitarie simili, abbiamo visitato il policlinico locale danneggiato da un violento attacco russo che ha travolto quest’anno diversi altri edifici privati e residenziali uccidendo tre civili.

Come riportammo su queste pagine, pochi mesi prima uno sciame di droni russi aveva preso di mira il territorio della centrale nucleare locale segnando nella notte fra il 25 e il 26 ottobre 2024 uno dei momenti più drammaticamente cruciali della guerra: la palese riprova del fatto che Putin considera anche quelle infrastrutture civili altamente critiche come un bersaglio strategico per ricattare l’Occidente.
A causa di quell’attacco, che finì per danneggiare gravemente le linee di trasmissione dell’energia elettrica locali, 1.860 utenze nei distretti Slavuta e Netishyn di questa regione rimasero completamente isolati. Undici caseggiati, nove edifici privati, due istituti scolastici, un’infrastruttura amministrativa, un negozio, un depositi di carburante e diverse automobili finirono per essere distrutti.
Soffermandoci coi volontari italiani proprio di fronte a uno di quei ruderi per scattare qualche fotografia, abbiamo potuto notare come quella già preziosa carovana d’ambulanze che stavano per consegnare contenesse un carico d’altrettanto valore: medical device tra cui un ecografo completo, farmaci, vestiario, prodotti alimentari e ben 150 protesi per spalla e ginocchio con relativi kit operatori da poter utilizzare in delicati interventi chirurgici per restituire funzionalità e dignità a chi ha sofferto le conseguenze più gravi di quei bombardamenti.
La presenza d’italiani coraggiosi come quelli che abbiamo incontrato oggi a Khmelnytskyj testimonia come sia fondamentale mantenere alta l’attenzione su iniziative come la loro, perché solo ascoltando e coordinandosi con chi la guerra la vive davvero si riesce a far giungere ciò che serve esattamente dove e quando ce n’è più bisogno.
Di Alla Perdei e Giorgio Provinciali
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