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E poi… l’Europa

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Siamo reduci da anni di narrazione martellante e ossessiva sull’irrilevanza dell’Europa.

E poi… l’Europa

Siamo reduci da anni di narrazione martellante e ossessiva sull’irrilevanza dell’Europa.

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E poi… l’Europa

Siamo reduci da anni di narrazione martellante e ossessiva sull’irrilevanza dell’Europa.

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Siamo reduci da anni di narrazione martellante e ossessiva sull’irrilevanza dell’Europa.
Non c’era e non c’è ancora alcuna occasione migliore della guerra d’aggressione russa all’Ucraina per stuzzicare gli appetiti degli antieuropeisti che ci credono, di quelli pagati dal Cremlino per crederci, di chi si accontenta di accodarsi alla marea montante dei social.

In questo quadro, le trattative per arrivare a una faticosa e purtroppo ancora lontana pace o almeno a un cessate il fuoco si sono arricchite di quotidiani elogi alla grandezza di Donald Trump e Putin, alla logica della forza bruta, del prendere atto che sono le armi a decidere la storia e i destini del mondo. Anche e spesso, ma non solo. Fino ad Anchorage, in Alaska, quando persino fra costoro qualcuno ha cominciato a sollevare un sopracciglio vedendo Putin strapazzare mediaticamente e nella sostanza il Presidente degli Stati Uniti d’America. Forse in quel momento anche i più feroci antipatizzanti dell’Europa hanno cominciato a pensare che non fosse necessariamente un grande affare correre alla corte dello zar. Tranne i putiniani di stretta osservanza, si intende.

24 ore dopo l’Alaska, gli europei hanno tenuto la schiena dritta e non si sono mossi da una posizione espressa non sappiamo più quante volte in tre anni e mezzo di tragedia. Si sono imposti e hanno accompagnato Volodymyr Zelenski al vertice di Washington. Gli hanno fatto quasi fisicamente scudo, costringendo Donald Trump a prendere atto di una realtà: questi leader, questi Paesi, questa costruzione così strana ai suoi occhi che è l’Ue non mollano e non hanno mollato Zelensky e l’Ucraina.

Questo non trasformerà né oggi né mai Trump in un nostro grande amico, non lo spingerà a riscoprire i valori dell’atlantismo. Ci accontentiamo di notare che lo hanno spinto a organizzare con lucidità, pragmatismo e realismo un faccia a faccia fra il presidente russo e il presidente ucraino. Fra i due nemici, fra l’aggressore e l’aggredito, pronto ad aggiungersi per trasformare il bilaterale in un trilaterale e trovare una strada per arrivare a qualche garanzia credibile.
È solo un’ipotesi di speranza, nulla più.

Proprio gli europei vituperati, derisi, sbeffeggiati da loro stessi concittadini in nome e grazie a quella democrazia che in troppi hanno cominciato irresponsabilmente a denigrare, sono rimasti al loro posto. In questi tempi così vacui, pronti a seguire il gregge affascinato dalla legge del più forte e più tracotante, è molto.

Consentiteci anche un minuscolo ma onesto barlume d’orgoglio per la nostra bandiera al fianco di quelle dei partner e amici europei – compresa la Gran Bretagna che se avesse portato alle estreme conseguenze Brexit lì non ci sarebbe stata – alla Casa Bianca.
In un giorno che non ha fatto la storia, ma che avrebbe potuto rovinarla.

di Fulvio Giuliani

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