Per il primo turno delle presidenziali romene, i sondaggi danno favorito il leader dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR), George Simion. Candidato ufficiale della destra radicale, Simion ha raccolto il testimone del sovranista Călin Georgescu – slegato dall’AUR, ma proveniente dalla stessa area politica – dopo che i giudici di Bucharest hanno stabilito la sua esclusione dalla corsa elettorale.
Già alle elezioni di novembre, quelle annullate dal tribunale, Simion aveva presentato la sua candidatura. Ma nonostante un risultato tutt’altro che modesto (quasi il 14% delle preferenze) la presenza di Georgescu ha fatto sì che il suo nome passasse sottotraccia. Ma il leader dell’AUR è un personaggio che merita particolare attenzione. Simion condivide alcuni dei punti più importanti dell’agenda politica di Georgescu: stop agli aiuti in Ucraina, pugno duro sull’immigrazione ed euroscetticismo. Ma, allo stesso tempo, il sovranista tenta di darsi una veste più istituzionale.
L’AUR è membro dell’eurogruppo dei Conservatori e Riformisti di cui fa parte anche Fratelli d’Italia. Simion ha recentemente dichiarato che «Giorgia Meloni è un modello» per loro. Rispetto ai Patrioti di Viktor Orbán, ha posizioni meno radicali sull’Unione e appoggia, formalmente, la resistenza di Kyiv. Ma sul piano nazionale l’approccio è totalmente diverso. George Simion, accompagnato al seggio proprio da Calin Georgescu, dichiara di essere pronto a «ripristinare l’ordine costituzionale» in Romania. Annunciando in maniera non troppo velata ritorsioni contro i giudici. Una vendetta che preoccupa l’Europa (e rassicura Putin).
Di Antonio Pellegrino
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