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Gli Houthi bombardati giurano vendetta

Sono due ondate di attacchi notturni che colpiscono i centri militari in tutto il Paese degli Houthi, che ora gridano vendetta
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Gli Houthi bombardati giurano vendetta

Sono due ondate di attacchi notturni che colpiscono i centri militari in tutto il Paese degli Houthi, che ora gridano vendetta
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Gli Houthi bombardati giurano vendetta

Sono due ondate di attacchi notturni che colpiscono i centri militari in tutto il Paese degli Houthi, che ora gridano vendetta
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Sono due ondate di attacchi notturni che colpiscono i centri militari in tutto il Paese degli Houthi, che ora gridano vendetta

Alla mezzanotte fra l’11 e il 12 gennaio un aereo da ricognizione marittima P-8 Poseidon si trova in volo nel Golfo di Aden, sulle acque prospicienti alla base statunitense di Camp Lemonnier nel Gibuti. Presto gli fa seguito un altro aereo da ricognizione, un Boeing Rc-135 decollato invece dalla base di Al Udeid che gli Stati Uniti gestiscono in Qatar. Il volo di entrambi è l’ultimo atto precedente l’attacco autorizzato qualche ora prima dal presidente Usa Joe Biden e dal primo ministro britannico Rishi Sunak. Downing Street chiede presto all’Egitto di lasciar passare i cacciabombardieri della Royal Air Force che, partiti dalla base di Akrotiri nell’isola di Cipro, dovranno bombardare gli obiettivi in Yemen. Se i britannici arrivano da Nord, Washington attacca da Sud con le forze navali già presenti attorno alle Porte del Lamento (lo stretto che connette il Mar Rosso al Golfo di Aden). La portaerei “Uss Dwight D. Eisenhower” lancia i suoi cacciabombardieri, mentre le navi che la scortano e le altre fregate missilistiche presenti aprono i tubi di lancio dei missili da attacco al suolo Tomahawk.

Sono due ondate di attacchi notturni che colpiscono i centri militari degli Houthi in tutto il Paese. Esplosioni si vedono a San’a’ (nella base di al-Daylami vicina all’aeroporto della Capitale), nella base militare di Taiz, nell’aeroporto della città costiera di Hodeidah, a Zabid e nella base Kahlan a tre chilometri a Nord-Est di Sa’da. Gli Houthi contano ben 73 attacchi, lamentando almeno cinque soldati uccisi e sei feriti. Una lista comunque assai ridotta in confronto al numero di ordigni utilizzati, a dimostrazione che i bersagli sono stati scelti con precisione e che gli Houthi (messi sull’avviso dalle rivelazioni giornalistiche) hanno avuto il tempo di evacuare i possibili obiettivi. Pare inoltre che dallo Yemen siano partiti missili balistici contro le navi impegnate nel bombardamento, intercettati o inabissatisi lontano dai bersagli. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno quindi confermato l’attacco, condotto – secondo le loro dichiarazioni – col supporto di Australia, Paesi Bassi, Canada e Bahrein.

Gli anglosassoni sono soliti dire «The more you fuck around, the more you find out». In italiano suonerebbe come “Chi cerca guai li trova” e senza dubbio negli ultimi mesi gli Houthi si sono impegnati a fondo in questa ricerca. Il bombardamento che hanno subìto le loro infrastrutture militari è infatti il risultato della campagna piratesca che Ansar Allah (il nome ufficiale del movimento suprematista sciita-zaidita) ha condotto per mesi nel Mar Rosso. Più di 30 attacchi ai mercantili in viaggio da e per il Canale di Suez, che hanno portato molte compagnie a optare per la circumnavigazione dell’Africa. Così le merci hanno allungato il loro viaggio di settimane, con evidenti disagi per l’economia: ad esempio le fabbriche della Volvo in Belgio (di proprietà della società cinese Geely) dovranno fermare la produzione per tre giorni a causa dei ritardi nelle consegne e col tempo i problemi non potranno che moltiplicarsi.

Purtroppo il curriculum degli Houthi rende più probabile una loro prossima escalation, piuttosto che un richiamo alla ragionevolezza. Galvanizzati dalla recente vittoria contro la coalizione militare saudita-emiratina, potrebbero essere tentati di resistere a oltranza scatenando una vera e propria Guerra delle Porte del Lamento.

di Camillo Bosco

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