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Hamas e la sua sindrome, intervista a Giorgio Cuzzelli (Lumsa)

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l futuro della Striscia di Gaza appare sempre più incerto. Dopo le notizie filtrate dal gabinetto del premier Benjamin Netanyahu, la preoccupazione generale è aumentata. Il parere di Giorgio Cuzzelli

Hamas e la sua sindrome, intervista a Giorgio Cuzzelli (Lumsa)

l futuro della Striscia di Gaza appare sempre più incerto. Dopo le notizie filtrate dal gabinetto del premier Benjamin Netanyahu, la preoccupazione generale è aumentata. Il parere di Giorgio Cuzzelli

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Hamas e la sua sindrome, intervista a Giorgio Cuzzelli (Lumsa)

l futuro della Striscia di Gaza appare sempre più incerto. Dopo le notizie filtrate dal gabinetto del premier Benjamin Netanyahu, la preoccupazione generale è aumentata. Il parere di Giorgio Cuzzelli

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Il futuro della Striscia di Gaza appare sempre più incerto. Dopo le notizie filtrate dal gabinetto del premier Benjamin Netanyahu, la preoccupazione generale è aumentata. «Al momento si tratta di speculazioni, c’è una grande agitazione a livello internazionale ma nulla di concreto, ci si basa su voci non confermate» osserva Giorgio Cuzzelli, già generale di brigata dell’Esercito e oggi docente presso il corso di laurea in Scienze politiche e internazionali dell’Università Lumsa di Roma.

La lettera per fermare il governo di Tel Aviv

«Si parla di un’invasione da parte delle forze israeliane, che tuttavia sono nella Striscia di Gaza fin dall’8 ottobre del 2023 e non se ne sono mai andate. Si legge di una lettera indirizzata al presidente statunitense Trump da parte di 500 ex componenti degli apparati di sicurezza israeliani per esortare l’amministrazione Usa a fermare il governo di Tel Aviv, ma la verità è che si potrebbero citare altri 500 riservisti ultraconservatori israeliani che invece chiedono l’annessione di tutta la cosiddetta Mezzaluna fertile: credo che questo faccia parte della normale dialettica di un Paese democratico» osserva Cuzzelli.

«D’altro canto non va dimenticato neppure che quello israeliano è un esercito di milizia, com’è per esempio quello della Svizzera: se i soldati non volessero combattere, basterebbe che si rifiutassero. Se ciò non accade, salvo rare eccezioni, occorre interrogarsi sui motivi: la maggioranza della popolazione vuole indietro i propri ostaggi, che invece Hamas non libera perché è l’unica carta che ha ancora in mano, in una condizione di disperazione crescente».

L’incerto futuro di Gaza

Diventa quindi sempre più difficile ipotizzare un futuro a Gaza: «L’unica certezza è che non c’è futuro per Hamas, non c’è alternativa: parte della comunità internazionale stenta ad ammetterlo, mentre la Lega araba lo ha affermato con una dichiarazione ufficiale, chiarendo che non ci potranno essere due popoli e due Stati con Hamas, un’organizzazione terroristica che si è macchiata delle efferatezze e dei delitti che tutti conoscono» sottolinea Cuzzelli. «Poi, certo, occorrerà capire chi potrà governare.

È immaginabile che possa nascere una coalizione di volenterosi a guida araba moderata – non necessariamente sotto l’egida dell’Onu, oggi paralizzata da veti incrociati – che darà il governo all’Autorità palestinese. Ci sarà uno sforzo globale per la ricostruzione, ma oggi non si può dimenticare che il diritto internazionale prevede quattro condizioni perché si possa parlare di uno Stato: che ci siano un territorio, una popolazione, un governo legittimo e un riconoscimento, che però Hamas non può ricevere».

Hamas, Israele non cambia strategia

Nel frattempo, però, Israele non cambia strategia: «Da un punto di vista militare le modalità di intervento non sono sempre chiare, ma l’obiettivo generale sembra essere quello di mantenere una forte pressione sulla popolazione perché si ribelli e sulla stessa Hamas perché ceda» spiega ancora Cuzzelli. «Ciò evidentemente crea significativi danni collaterali, difficili da accettare per l’opinione pubblica occidentale. E genera sicuramente degli eccessi da parte israeliana, peraltro ben sottolineati dal Presidente Mattarella».

Restano le immagini di disperazione che ogni giorno giungono dalla Striscia: «Da un lato vediamo le sofferenze della popolazione civile, dall’altro si spera ancora in un negoziato. Ma Hamas non pare disposta a compiere quell’unico passo necessario per addivenire a un cessate il fuoco: la liberazione degli ostaggi. E questo nonostante sia ristretta in spazi sempre più limitati e con una leadership che si trova in esilio dorato all’estero». Aggiunge Cuzzelli: «L’organizzazione terroristica non può più contare neppure sull’appoggio dei Paesi arabi o dell’Iran, che è alle prese con crescenti problemi interni ed esterni. Temo che siamo di fronte a quella che potremmo definire la “sindrome di Hamas”: hanno deciso di lottare fino all’ultimo palestinese, a qualunque costo. Un atteggiamento che richiama alla mente lo scenario del tutto simile di Berlino nel 1945, tratteggiato molto bene nel film “La caduta” sugli ultimi giorni di Hitler».

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