Hamas vuole i suoi martiri
Il generale Antonio Li Gobbi: “La reazione di Israele serve a rafforzare Hamas nel mondo arabo”
Israele annuncia che, nonostante la priorità sia colpire i capi di Hamas, «gli interventi non saranno chirurgici». La controffensiva di Tel Aviv riguarda anche il Sud del Libano, mentre la Turchia parla di un «uso sproporzionato della forza». Ma la reazione israeliana agli attacchi del 7 ottobre «è stata voluta da Hamas stessa, che si aspettava una controffensiva così forte: Hamas ha bisogno di avere dei martiri da sbandierare alle popolazioni arabe perché a loro volta facciano pressione sui governi. L’obiettivo è evitare quella normalizzazione dei rapporti con Israele che era in corso» osserva il generale Antonio Li Gobbi, ufficiale del Genio guastatori impegnato in missioni Onu in Siria e Israele così come in interventi Nato in Bosnia, Kosovo e Afghanistan, dove è stato sottocapo di Stato Maggiore operativo di Isaf a Kabul. Già alla guida del Reparto operazioni del Comando operativo di Vertice interforze (Coi) e direttore delle operazioni presso lo Stato Maggiore internazionale della Nato a Bruxelles, Li Gobbi insiste: «Hamas ha voluto colpire in modo così cruento Israele anche perché una normalizzazione dei rapporti fra Tel Aviv e Riad significherebbe un proprio indebolimento».
Tanto orrore, come la decapitazione di bambini, impone però una riflessione: «I miliziani di Hamas hanno condotto un’azione terroristica che non colpisce soltanto Israele, è un attacco a tutto il mondo occidentale perché Israele è percepito come espressione di questo mondo» prosegue Li Gobbi. «A mio avviso un attacco così brutale è un segno di debolezza della stessa organizzazione estremistica, che si rendeva conto che stava perdendo credibilità nel mondo arabo. Gli estremisti palestinesi non hanno mai voluto una stabilizzazione dei rapporti con Tel Aviv nell’area mediorientale e sono intervenuti per fermarla, fra l’altro non agendo da soli ma con quella che appare la grande regia esterna dell’Iran».
L’Europa ora è di fronte a un bivio. «Non vanno confusi Hamas con il popolo e la causa palestinese. La prima è un’organizzazione che ha preso il controllo di un’area abitata da palestinesi. Ma ci sono palestinesi che vivono tranquillamente in Israele, insieme agli israeliani» sottolinea Li Gobbi. «Quando eravamo lì con l’Onu ricordo che il servizio nelle unità di frontiera, impiegate anche nell’ordine pubblico a Gerusalemme, era condotto esclusivamente da non ebrei, con personale volontario palestinese e di altre regioni che viveva in territorio israeliano» spiega il generale. «In Israele ci sono palestinesi che non appoggiano Hamas: pensare il contrario è come sostenere che fra il 1943 e il 1945 tutti gli italiani che vivevano nel territorio della Repubblica sociale sostenessero Mussolini e i suoi gerarchi».
Rievocando ancora la storia italiana, Li Gobbi aggiunge: «Quando c’è una crisi del genere non mi pare serio assumere una posizione ambigua, peraltro non nuova nel nostro Paese, come quella di chi sosteneva “né con lo Stato né con le Br” o come quella di chi oggi dice “né con la Russia né con l’Ucraina”». Il generale conclude osservando come sia «chiaro che le colpe non sono mai soltanto da una parte, non ci sono buoni o cattivi in assoluto. Ma vanno fatte delle scelte che a volte comportano conseguenze spiacevoli, come con l’adozione di sanzioni economiche contro la Russia, anche a nostro danno. Fare diversamente sarebbe in un certo senso vile, a maggior ragione di fronte ad attacchi così bestiali nei confronti di gente inerme».
Di Eleonora Lorusso
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