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I depistaggi dell’attentato a Dugin

In Russia le telecamere di sorveglianza sono ovunque e sempre accese, sulla scena di questo crimine erano spente da due settimane.
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I depistaggi dell’attentato a Dugin

In Russia le telecamere di sorveglianza sono ovunque e sempre accese, sulla scena di questo crimine erano spente da due settimane.
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I depistaggi dell’attentato a Dugin

In Russia le telecamere di sorveglianza sono ovunque e sempre accese, sulla scena di questo crimine erano spente da due settimane.
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In Russia le telecamere di sorveglianza sono ovunque e sempre accese, sulla scena di questo crimine erano spente da due settimane.
Per alcuni Aleksandr Dugin è «il Rasputin di Putin», per altri una mosca cocchiera. Una volta che l’autore di queste righe lo intervistò, lo stesso Dugin ebbe a spiegargli: «Non sono il consigliere del presidente Putin. Ma questa idea è nata perché effettivamente l’evoluzione di Putin va nella stessa direzione della mia visione del mondo». Forse troppo modesto. In realtà è stato consigliere del presidente della Duma di Stato Gennadij Seleznëv e del membro di spicco del partito putiniano  Russia Unita Sergej Naryškin. E  il suo libro del 1997 “Fondamenti di geopolitica – Il futuro della Russia”, è stato adottato come libro di testo all’Accademia Militare dello Stato Maggiore delle Forze Armate della Federazione Russa. Nato a Mosca il 7 gennaio 1962, figlio di un generale del Kgb, negli anni Ottanta girò per gruppi di dissidenti di destra. Ma poi dopo la dissoluzione dell’Urss per un po’ si legò al Partito Comunista, prima di fondare un Partito Nazional Bolscevico e infine stabilire questo suo rapporto non ufficiale con Putin. E nel 2009 lanciò “La quarta teoria politica”, in teoria ostile allo stesso modo a liberalismo, social-comunismo e nazional-fascismo. Solo che da una parte con i comunisti ci ha trescato e dall’altra sono fascisteggianti e sovranisti  i circoli tra cui è popolare in Europa, e che lo portano spesso per conferenze e incontri in cui può sfoggiare la propria padronanza di una certo numero di lingue, compreso l’italiano. Insomma, è il liberalismo per lui il nemico vero.   «L’Occidente moderno, dove trionfano i Rothschild, Soros, Schwab, Bill Gates e Zuckerberg – sottolinea – è la cosa più disgustosa della storia del mondo». Anche la guerra per cancellare l’Ucraina dalla faccia della terra e riassorbirla nel Russky Mir, il “mondo russo”, va letta in questa chiave. Appena trentenne, la figlia Darya Dugina era non solo la sua più stretta collaboratrice ma anche un’opinionista emergente. Anche più radicale del padre, visto che aveva appena definito gli ucraini «subumani». Gli ucraini, come hanno subito accusato in Russia riguardo all’attentato dove è morta la figlia di Dugin. Domenica 3 aprile al programma ti “Non è l’Arena” il reporter ucraino Vladislav Maistrouk aveva lanciato un preciso avvertimento al giornalista russo Alexey Bobrovsky, che stava sghignazzando sulle immagini di un massacro di civili. «Dovete avere paura fino all’ultimo giorno della vostra misera esistenza». «Vi troveremo tutti, e come ha fatto Israele nel ’72». Però, in tal caso il governo di Kiev avrebbe rivendicato, invece di smentire. Oppositore di Putin ex-membro della Duma e ora esule in Ucraina,  Ilya Ponomarev  parla di un Esercito Nazionale Repubblicano di russi anti-Putin. Ma i conoscitori di cose russe fanno notare un particolare: in un Paese dove le telecamere di sorveglianza sono dappertutto e sempre accese, sulla scena di questo crimine erano invece spente, da due settimane. E così gli interrogativi sull’attentato si affollano. Una cinica false flag per dare la colpa agli ucraini,  tipo gli attentati ceceni che Litvinenko attribuì a Putin prima di essere avvelenato col polonio? Servizi che remano contro Putin, secondo lo scenario del “Washington Post” su un Putin ingannato di proposito sull’Ucraina? O un Deep State contro un rompiscatole secondo cui la guerra si era impantanata per non aver fatto pulizia nel sistema di potere? Dopo che gli inquirenti avevano parlato di una «bomba azionata a distanza», in un comunicato l’Fsb ieri ha invece affermato che «il crimine è stato preparato e commesso dai servizi segreti ucraini» per il tramite della «cittadina ucraina Natalia Vovk, nata nel 1979, arrivata in Russia il 23 luglio insieme alla figlia Sofia Shaban e uscita dal Paese dalla regione Pskov, da dove ha raggiunto l’Estonia». Le domande restano. Tutte. Di Maurizio Stefanini

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