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I tre volti di Kyiv

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I tre volti di Kyiv: resistenza, ‘normalità’ e diritti umani. La situazione della capitale ucraina si può capire solo visitando la città, vedendo con i propri occhi la forza incrollabile di un popolo che ha fame di libertà

I tre volti di Kyiv

I tre volti di Kyiv: resistenza, ‘normalità’ e diritti umani. La situazione della capitale ucraina si può capire solo visitando la città, vedendo con i propri occhi la forza incrollabile di un popolo che ha fame di libertà

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I tre volti di Kyiv

I tre volti di Kyiv: resistenza, ‘normalità’ e diritti umani. La situazione della capitale ucraina si può capire solo visitando la città, vedendo con i propri occhi la forza incrollabile di un popolo che ha fame di libertà

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Kyiv – Dopo la fine del recente cessate il fuoco – per altro non del tutto rispettato da Vladimir Putin, lo stesso che lo aveva annunciato – gli allarmi aerei hanno ripreso a suonare nella capitale ucraina. Solo ieri, tutta la mappa del Paese era evidenziata in rosso. Nessun angolo dell’Ucraina è stato risparmiato dall’air alerts dopo l’annuncio del decollo di un MiG-31K. Tre anni di invasione su larga scala lasciano segni, alcuni indelebili, e non solo di sofferenza. Camminare per le strade principali di Kyiv significa vivere un mix di emozioni: tra normalità e, a tratti, una leggera tensione. Se chi vive in città si è abituato agli allarmi, chi arriva da un Paese come l’Italia non abbandona mai, neppure per un secondo, la possibilità di tenersi pronto, in qualsiasi momento, per correre in uno shelter (rifugio antiaereo) o cercare riparo nella metropolitana più grande d’Europa.

La resistenza della capitale ucraina si può capire solo visitando la città. Vedendo con i propri occhi la forza incrollabile di un popolo che ha fame di indipendenza. “Nessun razzo può toglierci la libertà. La voglia di vivere la vita”, scrive su Facebook una giovane ucraina di nome Olena. Da quando è scoppiata la guerra, la sua vita è cambiata. E ora, la sua attività principale è quella di aiutare l’esercito ucraino tramite una delle tante aziende che si occupa di droni.

Kyiv sembra avere tre facce che lavorano in simbiosi per il futuro del Paese. Perché la verità è che la capitale guarda al domani con la stessa speranza con cui ci si aspetta che prima o poi questa guerra finisca. Da una parte c’è chi svolge una vita del tutto ‘normale’: fa jogging attraversando Piazza Indipendenza – dove sventolano le numerose bandiere dei caduti in guerra-, continua la sua routine quotidiana tra università, scuola e lavoro. Poi c’è una seconda faccia: quella della resistenza, che prende vita con associazioni come Serhiy Prytula Charity Foundation per sostenere l’esercito ucraino. Per comprendere al meglio il sostegno da parte dei civili basti pensare che l’associazione è sostenuta per il 70% dai locali. Tanto da essere ribattezzata “la fondazione del popolo”.

E infine, c’è una terza faccia: quella degli attivisti dei diritti umani. Le associazioni già solo nella capitale sono numerosissime, come UAExpert e il Centro per i Diritti Umani ZMINA. Quest’ultimo ha annunciato la 1ª Settimana della Crimea a Bruxelles, “Pensare alle persone, non ai territori”. Un evento che si svolgerà dal 12 al 16 maggio 2025, in varie sedi di Bruxelles.

Tra le varie associazioni, spicca l’organizzazione non governativa Centro per le libertà civili, vincitrice del premio Nobel per la pace nel 2022 per aver documentato i numerosi crimini di guerra commessi dai russi e le torture inflitte ai prigionieri di guerra, perlopiù civili. Ma non solo, l’ONG ha anche contribuito alle indagini per la giornalista ucraina Viktoriia Roshchyna. La recente scoperta del corpo della giornalista, consegnato dai russi senza alcuni organi, ha riportato all’attenzione i casi di torture e le scomparse per mano dei russi – molti rimasti irrisolti – di tantissimi cittadini ucraini. Secondo alcune stime approssimative, si tratta di oltre 16.000 civili detenuti nei territori temporaneamente occupati e nella Federazione Russa.

Inoltre, a gennaio di quest’anno, il Center for civil liberties, insieme al Memorial, ha lanciato la campagna “People First“. Ad oggi, più di 60 associazioni ucraine hanno aderito a questa iniziativa, affinché i funzionari politici si possano ricordare degli esseri umani quando si parla dei processi di pace. L’appello è semplice: le persone prima di tutto.

Di Claudia Burgio

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