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Il 9 maggio è arrivato e nulla accadrà

A Mosca sono già in strada i militari, blindati e attrezzature che tra qualche ora sfileranno sulla Piazza Rossa per la parata che celebra il Giorno della Vittoria. Un impressionante sfoggio di potenza militare.
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Il 9 maggio è arrivato e nulla accadrà

A Mosca sono già in strada i militari, blindati e attrezzature che tra qualche ora sfileranno sulla Piazza Rossa per la parata che celebra il Giorno della Vittoria. Un impressionante sfoggio di potenza militare.
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Il 9 maggio è arrivato e nulla accadrà

A Mosca sono già in strada i militari, blindati e attrezzature che tra qualche ora sfileranno sulla Piazza Rossa per la parata che celebra il Giorno della Vittoria. Un impressionante sfoggio di potenza militare.
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A Mosca sono già in strada i militari, blindati e attrezzature che tra qualche ora sfileranno sulla Piazza Rossa per la parata che celebra il Giorno della Vittoria. Un impressionante sfoggio di potenza militare.
Infine il 9 maggio è arrivato. È altamente probabile che sulla Piazza Russa nulla accada, intendiamo nulla di definitivo, dopo settimane di attesa del giorno della celebrazione del trionfo sovietico sul nazismo. La data indicata dallo stesso Vladimir Putin come il giorno in cui celebrare la sua vittoria in Ucraina. Tutto sembrava tornare. Solo che erano tempi diversi, i tempi in cui lo zar pensava di chiudere la pratica in una manciata di ore o poco più, comunque in modo indiscutibile e potendo dare tutte le carte al tavolo della trattativa. Così non è stato e non sarà, per “colpa“ di un popolo che ha saputo compattarsi in modo stupefacente intorno al proprio leader, rifiutando l’idea di sottomettersi a un potere sanguinario e inumano. Anche per responsabilità di quell’Occidente così bistrattato e sottovalutato negli ultimi anni dalle ‘democrature’ e dittature in giro per il mondo. Un Occidente che l’Ucraina l’ha armata e adottata nel suo momento più impensabile e brutale. Così, oggi si vivisezioneranno le parole di Putin, si proveranno a cogliere messaggi trasversali, spiragli, riferimenti, intenzioni, minime aperture. Perché – nonostante le sciocchezze che spesso ci tocca sentire anche dalle nostre parti – nessuno vuole niente di diverso da un negoziato per arrivare a un cessate il fuoco.  Solo che fino a oggi è colui che tutto ha cominciato a non aver mai mostrato la minima intenzione di voler trattare alcunché. Questa è sconfortante realtà che nessun esercizio dialettico al servizio dello zar potrà nascondere. Di Fulvio Giuliani

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