Il futuro del Medio Oriente
Stiamo vivendo ore che compongono il mosaico della storia, ma non sappiamo ancora quale storia. Cessare il fuoco in Medio Oriente e veder riemergere gli ostaggi israeliani sono comunque passaggi positivi, ma non sappiamo verso cosa
Il futuro del Medio Oriente
Stiamo vivendo ore che compongono il mosaico della storia, ma non sappiamo ancora quale storia. Cessare il fuoco in Medio Oriente e veder riemergere gli ostaggi israeliani sono comunque passaggi positivi, ma non sappiamo verso cosa
Il futuro del Medio Oriente
Stiamo vivendo ore che compongono il mosaico della storia, ma non sappiamo ancora quale storia. Cessare il fuoco in Medio Oriente e veder riemergere gli ostaggi israeliani sono comunque passaggi positivi, ma non sappiamo verso cosa
Stiamo vivendo ore che compongono il mosaico della storia, ma non sappiamo ancora quale storia. Cessare il fuoco in Medio Oriente e veder riemergere gli ostaggi israeliani sono comunque passaggi positivi, ma non sappiamo verso cosa. Non ci sono dubbi sul fatto che l’ultima svolta sia stata possibile per l’energia impressa dalla Casa Bianca. Ma si è ancora lontani da un equilibrio stabile ed è ottuso supporre che si tratti di una partita a favore o contro Trump. Peggio ancora provare a traslocare il dramma in corso per trasformarlo nella farsa delle propagande nazionali.
Se quello che viviamo in Medio Oriente non è ancora storia, quel che è passato dovrebbe essere conosciuto, così accorgendosi che, fin qui, non ci sono particolari novità. Giusto per citare un precedente: nel 2011 avvenne uno scambio e per ottenere indietro un militare in vita – Gilad Shalit, che era stato catturato dai terroristi palestinesi nel 2006 – Israele liberò 1.027 detenuti palestinesi. Fra i quali i fratelli Sinwar, che abbiamo ritrovato fra i capi e gli organizzatori del massacro del 7 ottobre 2023. A opera di Hamas.
Non pochi di quei liberati commisero poi altri reati di sangue. E si sono ritrovati fra i riliberati nello scambio con altri ostaggi presi il 7 ottobre. Fra i liberati per lo scambio odierno si trovano ulteriori 250 terroristi ergastolani, assieme con condannati fino a 20 anni di detenzione. Gli scambi non sono una novità e non hanno fondato la pace, anzi rimesso in circolazione fautori della guerra. Né è una novità la sproporzione: oggi Israele ha riabbracciato 20 concittadini vivi, il resto sono bare.
Noi tutti vogliamo sperare che le cose vadano diversamente dal passato, ma in base a cosa può essere possibile? Quel che rende ragionevole la speranza è l’eventuale pieno coinvolgimento delle parti arabe e degli iraniani che hanno fin qui usato Hezbollah e Hamas per impedire ogni accordo e usare i palestinesi – di cui non gli importa niente – per destabilizzare il mondo arabo e musulmano e rendere difficile l’allaccio formale all’Occidente.
Ma c’è anche quel che rende ragionevole diffidare: ieri mattina alle 7, ben prima del rilascio degli ostaggi, i miliziani di Hamas erano già piazzati e vestiti nella solita scenografia. Non proprio il segno della resa e del disarmo.
E con la cerimonia di Sharm el-Sheikh si dissolvono i Fratelli musulmani? Secolare radicamento egiziano (dov’è stato necessario un colpo di Stato per sloggiarli dal potere), influente collante del terrorismo fondamentalista e fattore deviante dello sciismo iraniano, quando Khomeyni li scelse come riferimento nel rifiuto d’Israele. Come si potrà ricostruire, come si potrà addestrare la sicurezza palestinese (compito che spetterebbe all’Italia), senza sapere a quale amministrazione palestinese toccherà gestire il tutto?
I venti punti del piano di pace (un piano, non la pace) prevedono un punto di arrivo con la nascita di uno Stato palestinese, che ovviamente riconosce Israele e ne è riconosciuto. Ma Netanyahu non sarà a Sharm. E se anche decidesse poi di andarci è comunque alla guida di un governo che nega quell’ipotesi. Che, del resto, non si realizzò in passato quando non soltanto il governo israeliano era favorevole, ma concretamente operava perché i propri coloni sgomberassero (furono cacciati con le ruspe) dai territori palestinesi. Perché oggi, partendo da più lontano, si dovrebbe andarci più vicino? Per la pressione che gli Usa possono esercitare su Israele e, come detto, per la concomitante pressione araba sui palestinesi.
Ma se è così, quello che si delinea è un equilibrio neocoloniale in cui due popoli – quello israeliano e quello palestinese – scontano il non essere stati capaci, dal 1948 a oggi, di trovare un equilibrio di convivenza. Epperò lo avrebbero voluto e sarebbe convenuto, ma il terrorismo palestinese fece da leva (con il sangue dei palestinesi) per l’estremismo israeliano.
Abbracciamo gli ostaggi liberati e sappiamo che sono pagine di storia. Quale storia e se per uscirne veramente è ancora da vedersi.
di Davide Giacalone
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