Il potere assoluto, l’arma di Putin
Trump ha fretta di concludere il conflitto ucraino per dare al popolo americano la misura della propria potenza. Putin no
Il potere assoluto, l’arma di Putin
Trump ha fretta di concludere il conflitto ucraino per dare al popolo americano la misura della propria potenza. Putin no
Il potere assoluto, l’arma di Putin
Trump ha fretta di concludere il conflitto ucraino per dare al popolo americano la misura della propria potenza. Putin no
A Jalta, nel 1945, prima di essere fatalmente ingannato dalla Russia sul destino della Polonia, in uno degli allora frequenti momenti di cordialità Winston Churchill osservò: «Io a casa ho un Parlamento a cui rendere conto. Il maresciallo Stalin, invece, con il sistema di un solo partito ha un compito molto meno complicato». Sorridendo sotto i baffoni, Stalin annuì: «Effettivamente, l’esperienza dimostra che un unico partito è un grande vantaggio per un capo di governo».
Ecco, considerando che Vladimir Putin non deve fare i conti neanche con «un unico partito», balza agli occhi la difficoltà in cui versa oggi il presidente statunitense Donald Trump. L’onnipotente Trump, per come lui stesso ama rappresentarsi. Una figura quasi biblica che impone con la spada la pace promessa al proprio popolo di seguaci. Poi, certo, dalla promessa della pace «in una settimana» siamo passati all’annuncio della pace «entro Pasqua», ma sempre di pace ha parlato e parla. Una pace necessaria e urgente per lui, ma non altrettanto per Putin.
A differenza del presidente americano, il satrapo del Cremlino non ha fretta. Non ha un Parlamento cui rendere conto, non corre il rischio di essere messo in difficoltà dai media (dal momento che li controlla) e non ha problemi a sacrificare la vita di altre centinaia di migliaia di giovani reclutati nelle province più sperdute della Federazione Russa.
Putin ha un piano: ricostruire l’impero russo sulla scia dello zar Pietro il Grande, a cui si è più volte paragonato. «Pietro il Grande ha guidato la Grande guerra del Nord per 21 anni. Poteva sembrare che fosse in guerra con la Svezia, che le stesse togliendo qualcosa. Ma non le stava togliendo nulla. Lui stava solo riconquistando quelle terre e rafforzando il potere. Ora tocca anche a noi riconquistare e rafforzarci» ha detto con chiarezza adamantina. È dunque questo il piano di Putin. Un piano saldamente ancorato ai valori spirituali di Santa Madre Russia su cui insiste da ormai 26 anni filati.
A differenza di Putin, Trump non ha un piano strategico e men che meno ha dei princìpi o dei valori a guidare i suoi passi nella Storia. A caratterizzarlo è semplicemente un cinico pragmatismo che ben si concilia con l’intenzione, ad oggi piuttosto evidente, di sacrificare il popolo ucraino sull’altare della propria grandezza e dei presunti interessi americani. Per questo ha impostato le trattative cosiddette di pace sul piano esclusivo degli interessi russi e americani. La richiesta di un cessate il fuoco nel Mar Nero, dove le forze ucraine avevano ottenuto i maggiori risultati militari dall’inizio della guerra, coincide evidentemente con l’interesse militare di Putin. Il cessate il fuoco nei confronti delle infrastrutture energetiche coincide invece con gli interessi di Washington, che intende acquisire il controllo diretto di quelle ucraine.
Trump ha fretta di concludere il conflitto ucraino per dare al popolo americano la misura della propria potenza. Putin non ha invece alcuna fretta, ben sapendo che più la trattativa andrà per le lunghe più gli Stati Uniti saranno incoraggiati ad accontentarlo. Condizione pessima per l’Ucraina e non facile per Trump, il quale – come ha rivelato il consigliere per la Sicurezza del suo primo governo – di Putin invidia il potere assoluto. Quel potere assoluto che, ai tempi della Conferenza di Jalta, Churchill a suo modo esecrò.
di Andrea Cangini
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