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Il problema non si affronta ripartendolo

Sono anni che si discute sul fenomeno migratorio irregolare e il problema bisogna affrontarlo. È necessario formulare soluzioni politiche guidate dalla cooperazione tra gli stati europei.
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Il problema non si affronta ripartendolo

Sono anni che si discute sul fenomeno migratorio irregolare e il problema bisogna affrontarlo. È necessario formulare soluzioni politiche guidate dalla cooperazione tra gli stati europei.
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Il problema non si affronta ripartendolo

Sono anni che si discute sul fenomeno migratorio irregolare e il problema bisogna affrontarlo. È necessario formulare soluzioni politiche guidate dalla cooperazione tra gli stati europei.
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Sono anni che si discute sul fenomeno migratorio irregolare e il problema bisogna affrontarlo. È necessario formulare soluzioni politiche guidate dalla cooperazione tra gli stati europei.
Sono anni che ci si dilania attorno ai ‘movimenti secondari’, ovvero lo spostarsi di immigrati giunti irregolarmente in Europa e che si è incapaci di trattenere (ammesso che sia possibile). Sono anni che chi li vede sbarcare da vicino ne chiede la redistribuzione e chi li vede sbarcare da lontano ne reclama il confinamento. In virtù di quelle regole di Schengen che non è vero abbiano fallito, che funzionano bene, ma che, semplicemente, non sono adatte a regolare altro che gli spostamenti individuali, non le masse irregolari. Puntare sulla redistribuzione, abbiamo molte volte sostenuto, è illusorio, mentre occorre coinvolgere tutti nella responsabilità di gestione delle frontiere esterne. Il che, sia detto con chiarezza, comporta cessione di sovranità. Al Consiglio europeo la cosa è riemersa. Ha fatto bene, in conferenza stampa, il presidente del Consiglio a ricordare che tanto maggiore è la preoccupazione per i ‘movimenti secondari’ quanto maggiore è la permeabilità delle frontiere esterne. Ergo: parliamo delle seconde, perché sui primi perdiamo tempo. Giusto. Ma c’è un’altra cosa che va aggiunta: sarebbe ora di finirla con le conferenze stampa successive ai Consigli europei in cui ciascuno parla in dialetto alla propria politica nazionale, anche perché lo fa per far vedere quanto ha contato e finisce con il dimostrare d’essere stato un peso piuma. Bisognerà che ciascuno, rappresentando il proprio Paese, si senta parte del tutto, rivolgendosi a tutti i cittadini europei.  

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