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Il Senato è democratico

Il Midterm prende tutti di sorpresa: i democratici potrebbero arrivare a 51 seggi, con il ballottaggio in Georgia previsto per il 6 dicembre.
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Il Midterm prende tutti di sorpresa: i democratici potrebbero arrivare a 51 seggi, con il ballottaggio in Georgia previsto per il 6 dicembre.
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Il Midterm prende tutti di sorpresa: i democratici potrebbero arrivare a 51 seggi, con il ballottaggio in Georgia previsto per il 6 dicembre.
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Il Midterm prende tutti di sorpresa: i democratici potrebbero arrivare a 51 seggi, con il ballottaggio in Georgia previsto per il 6 dicembre.
Un sistema politico bloccato, con il Senato ai democratici e la Camera ai repubblicani. A due giorni dall’atteso intervento di Donald Trump che dovrebbe – ma a questo punto nulla è scontato – segnare il suo ritorno in scena per le presidenziali del 2024, il Midterm davvero prende tutti di sorpresa, partendo dal presidente Joe Biden. Il successo centrato dai dem in Nevada (dove il salario minimo è stato portato a 12 dollari l’ora), con l’affermazione della senatrice Catherine Cortez-Masto – nel 2016 la prima senatrice latina al Senato – consegna almeno 50 seggi all’ala progressista del paese, con la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, che potrà votare in caso di pareggio, come avvenuto negli ultimi due anni. Ma i democratici potrebbero arrivare a 51 seggi, va atteso il ballottaggio in Georgia, previsto per il 6 dicembre. Si tratta del miglior risultato per l’amministrazione in carica di almeno gli ultimi 25 anni. La copia carbone del Midterm del 1998, quando i repubblicani erano accreditati di un dominio che non si rivelò poi tale alle urne. Anche stavolta il risultato era inatteso, gli americani erano assai preoccupati per le sorti dell’economia, sebbene l’inflazione continui a scendere – 7,7% a ottobre, 8,2% a settembre – per le politiche piuttosto aggressive della Federal Reserve Bank, con l’aumento del tasso di interesse di 75 punti base per quattro mesi in fila. Inoltre intorno a Biden c’erano parecchie ombre, c’è l’avversione delle lobby delle armi per la legge presidenziale approvata a luglio sulla restrizione delle vendite delle armi e poco credito era stato concesso ai 10 milioni di posti di lavoro creati durante l’amministrazione in carica.

Ora, in attesa dell’esito del ballottaggio in Georgia, lo scenario è assai composito e di sicuro per Biden, che ha rimandato a gennaio la decisione sulla nuova candidatura per la White House nel 2024, non sarà agevole governare con una camera andata ai repubblicani.

Nell’ala conservatore ora c’è poco tempo per la conta dei danni per l’inatteso flop elettorale. Ma non c’è neppure tempo per riflettere, il futuro è domani. Anzi, dopodomani, ovvero quando Trump salirà idealmente su un palco per il probabile annuncio di una nuova corsa, prima per la leadership GOP, poi per la Casa Bianca.

I conservatori non sono con lui, anzi, e non solo nel partito. Un sondaggio di YouGov attribuisce al momento il 42% dei consensi tra i rep a Ron DeSantis, il rieletto governatore della Florida, il candidato no woke e no gender, il nuovo nemico giurato di Trump che si è detto pronto a svelare i suoi scheletri nell’armadio. Per il tycoon invece ci sarebbe il 35% dei consensi, ma il trend è nettamente in discesa, un mese fa infatti Trump era accreditato del 45%, con dieci punti di margine su DeSantis. La situazione è esplosiva sulla candidatura di  Trump, Cnn scrive che il candidato repubblicano in Georgia, Herschel Walker, uno dei suoi discepoli, sarebbe sul punto di chiedere all’ex presidente di non presentarsi nello stato per farsi tirare la volata per il ballottaggio.

Sarebbe addirittura DeSantis a sostenerlo negli ultimi giorni di campagna elettorale, una notizia non ancora confermata che disegnerebbe uno scenario non tollerabile per l’ego di Trump.

Il grande problema di Trump è che si ritrova in casa l’erede pronto a sfilargli il trono: il governatore della Florida ha vietato di insegnare nelle scuole la “critical race theory”, partendo dal sua personale assioma che la disuguaglianza tra etnie sia un elemento strutturale della società americana. Inoltre, ha istituito il divieto di aborto dopo 15 settimane di gravidanza. Il divieto è arrivato dopo la decisione della Corte Suprema che ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade del 1973 che aveva riconosciuto il diritto costituzionale della donna di porre termine alla gravidanza.

Trump invece viene percepito come tossico, la sua figura è ingombrante e sullo sfondo c’è quell’annuncio atteso per il 15 novembre che potrebbe rappresentare un punto di non ritorno nell’ala repubblicana. Che vorrebbe il suo passo indietro. Secondo il New York Times, Trump è il principale ostacolo al “revival repubblicano”. Tra i conservatori non mancano le frecce per la Casa Bianca, oltre Ron DeSantis. Da Mike DeWine in Ohio, che ha vinto il seggio con 25 punti di margine), Greg Abbott del Texas, solo per citarne un paio. Insomma, sono ore delicate per Trump, si avvicina la scelta e non è un caso – come ha rilevato l’antica tv amica Fox News – che l’ex presidente si è prodotto in un giorno di silenzio, nessuna dichiarazione alla stampa, nessun contenuto diffuso attraverso il suo social network, The Truth Social. L’ultimo commento è stato per il matrimonio della figlia, Tiffany, in precedenza si era scagliato sul leader rep al Senato, Mitch McConnell, per le sconfitte del partito in Pennsylvania e Arizona. Lo snodo è decisivo, Trump si ritrova contro i democratici, una buona fetta del partito repubblicano, i colossi del tech, fatta eccezione per il nuovo patron di Twitter, Elon Musk. E si sono allontanati anche i network che l’hanno sostenuto nel primo assalto alla presidenza. In più, i candidati a lui vicini hanno ottenuto risultati disastrosi alle urne. In sostanza, è all’angolo. La soluzione del giallo ci sarà tra qualche ora. Di Nicola Sellitti

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