Il sostegno a Trump non durerà in eterno
Fino a quando gli elettori, i sostenitori americani e stranieri e i principali collaboratori di Donald Trump potranno continuare a ignorare la realtà?

Il sostegno a Trump non durerà in eterno
Fino a quando gli elettori, i sostenitori americani e stranieri e i principali collaboratori di Donald Trump potranno continuare a ignorare la realtà?
Il sostegno a Trump non durerà in eterno
Fino a quando gli elettori, i sostenitori americani e stranieri e i principali collaboratori di Donald Trump potranno continuare a ignorare la realtà?
Diceva Niccolò Machiavelli che «governare è far credere». Cinque secoli più tardi le neuroscienze hanno dimostrato quanto le false credenze siano resistenti alla realtà.
Ad esempio. Durante la campagna elettorale per le presidenziali americane del 2004, gli psicologi Drew Westen, Stefan Haman e Clint Kilts selezionarono due gruppi di elettori: 15 militanti democratici e 15 militanti repubblicani. Collegarono ciascuno di loro a un macchinario che attraverso la risonanza magnetica ne registrava l’attività cerebrale e gli sottoposero alcune dichiarazioni in video del candidato repubblicano (George W. Bush) e di quello democratico (John Kerry), molte delle quali presentavano evidenti contraddizioni. Come sospettavano, la stragrande maggioranza dei militanti repubblicani percepì nitidamente le contraddizioni di John Kerry, ma non quelle di George W. Bush. E viceversa. Non è che non volessero ammettere pubblicamente i passi falsi dei rispettivi beniamini, è che proprio non li vedevano. Erano in buona fede. Semplicemente, il loro cervello li ingannava e, confermandone i pregiudizi, nascondeva loro la realtà.
Esperimenti analoghi hanno però dimostrato che più la realtà ‘sgradita’ è macroscopica e perdurante nel tempo, più il cervello fatica a nasconderla. Fino a quando allora gli elettori, i sostenitori americani e stranieri e i principali collaboratori di Donald Trump potranno continuare a ignorare la realtà? Siamo soltanto all’inizio, ma i fatti negativi sono già molti. Elenchiamoli.
Dal giorno dell’insediamento, Wall Street ha bruciato 9.600 miliardi di dollari, di cui 5mila in seguito all’annuncio dei dazi: una dilapidazione di capitale finanziario pari a quella successiva all’11 settembre. Gli investitori fuggono dai titoli azionari americani in una misura che fu raggiunta soltanto nel marzo 2020, in piena pandemia. Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, prevede che la politica dei dazi comprometterà la crescita dell’economia americana e determinerà un’ulteriore impennata dei prezzi al consumo. Lo pensano anche molti americani, che in questi giorni hanno preso d’assalto i supermercati facendo scorta di beni prima che il loro costo s’impenni.
Paventando un’impopolarità crescente, uomini forti del Partito repubblicano come il senatore del Texas Ted Cruz hanno preso le distanze dalle scelte del presidente in economia. È quello che fa quotidianamente il “Washington Post”, che pure è di proprietà del neo trumpiano Jeff Bezos. L’associazione dei costruttori statunitensi (Aapc) invoca «politiche sostenibili che aiutino gli americani». Un sondaggio della Reuters mostra che in America la popolarità di Trump ha toccato i minimi storici. Un sondaggio dell’Associated Press rivela che il 60% degli americani non condivide – temendola – la politica commerciale del presidente. Sia in Ucraina sia in Medio Oriente, la ‘pace’ annunciata da Trump è una chimera. Dopo il linciaggio subìto alla Casa Bianca, il presidente Zelensky è risalito nei sondaggi tra gli ucraini riconquistando le posizioni perdute.
Fermiamoci qui. E, ricordando che tra un anno e mezzo gli americani voteranno per rinnovare il Congresso, torniamo a chiederci fino a quando Donald Trump potrà contare sul fideismo dei suoi supporter interni e internazionali prima che la realtà si pari, inesorabilmente, davanti ai loro occhi.
Di Andrea Cangini
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