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Improvviso ottimismo nella fatal Berlino

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Appuntamento a Berlino, città fatale nei destini d’Europa e del mondo, per provare un’ennesima volta a far ripartire dei negoziati in grado di approdare a un’idea di cessate il fuoco in Ucraina

Berlino

Improvviso ottimismo nella fatal Berlino

Appuntamento a Berlino, città fatale nei destini d’Europa e del mondo, per provare un’ennesima volta a far ripartire dei negoziati in grado di approdare a un’idea di cessate il fuoco in Ucraina

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Improvviso ottimismo nella fatal Berlino

Appuntamento a Berlino, città fatale nei destini d’Europa e del mondo, per provare un’ennesima volta a far ripartire dei negoziati in grado di approdare a un’idea di cessate il fuoco in Ucraina

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Appuntamento a Berlino, città fatale nei destini d’Europa e del mondo, per provare un’ennesima volta a far ripartire dei negoziati in grado di approdare a un’idea di cessate il fuoco in Ucraina.

Già solo riuscire a vedersi, dopo la negativa settimana trascorsa sembrava un risultato tutt’altro che disprezzabile.

Sta di fatto che ieri si è approdati a un’improvvisa ventata di ottimismo, prima ucraina, quindi confermata anche dagli americani: “90% delle questioni fra Mosca e Kiev risolte”, hanno fatto sapere e infine per bocca dello stesso Trump. Magari.

Si parte – non dovremmo mai dimenticarlo – dalla fascinazione di The Donald per Putin, andata in scena in modi plastici nello scorso agosto in Alaska, vertice che all’epoca non esitammo definire “catastrofico”.

Fu un trionfo per Vladimir Putin, ben lesto ad approfittarne nei mesi a seguire in termini di ritrovata agibilità diplomatica e senso di impunità.

Gli unici a provare a porre un argine sono sempre e solo stati i vituperati europei, che ieri hanno offerto la cornice necessaria ai colloqui. Converrebbe ricordare agli immemori o distratti corifei del Cremlino che pochi giorni dopo lo sciagurato tappeto rosso di Anchorage, gli europei andarono in delegazione alla Casa BiancaGiorgia Meloni compresa – per fare da scudo quasi fisico a Zelensky lasciato in balia delle richieste russe.

Sono stati ancora una volta gli europei (più che altro Parigi, Londra e appunto Berlino) a porsi come controparte della narrazione pro russa che va avanti da mesi a Washington

Ieri, nella fatal Berlino, sono stati ancora una volta gli europei a porsi come controparte della narrazione pro russa che va avanti da mesi a Washington. Diciamo europei, ma più che altro Parigi, Londra e appunto Berlino.

Il resto d’Europa segue in ordine sparso, a Stop and Go di cui noi italiani siamo senza alcun dubbio fra i principali interpreti (ieri siamo andati al vertice, ma facendo sapere di restare giusto il tempo necessario. Poi i fatti si sono imposti…).

Senza queste antiche e per taluni incartapecorite capitali, tutto sarebbe finito in una pace vergognosa. Oggi speriamo e sembra già tantissimo.

Altro elemento della classica narrazione antieuropea è quella dell’intransigenza dell’Ue, che rifiuterebbe qualsiasi compromesso per chiudere o almeno congelare il conflitto.

Domenica è stato lo stesso Zelensky a mettere nero su bianco la cruciale rinuncia all’adesione alla Nato, senza che nessuno obiettasse nulla ed è nota l’opera di moral suasion di Starmer, Merz, Macron e anche Meloni sul leader ucraino, perché la questione dei territori venga almeno posta in agenda. Tanto è vero che lo stesso presidente non l’ha più esclusa in toto ma rimandata a un voto popolare.

No, ieri a Berlino non si è fatta la storia e nessuno pretendeva di farla. Non c’era un presidente americano a urlare a pochi metri dal Muro: “Ich bin ein Berliner – Io sono un berlinese”, anche perché il presidente di oggi ha molta più consuetudine con il nemico mortale di ieri. Horribile dictu.

A Berlino, però, è sopravvissuta un’idea di Occidente e libertà.

di Fulvio Giuliani

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